«Non ci limiteremo a disoccupare le scuole, tornando a casa contenti di essere stati ancora una volta ignorati, continueremo la lotta ovunque». Dopo il blitz della notte scorsa, durante il quale sono stati occupati 9 licei della Capitale, il coordinamento dei collettivi delle scuole romane ha elencato ieri, durante una conferenza stampa al Morgagni, ragioni della protesta e proposte, costruite con un percorso partecipato di assemblee.
«Ne discutiamo da inizio anno, le abbiamo portate in piazza lo scorso 17 novembre e ora chiediamo di portarle nelle istituzioni con dei tavoli permanenti con il ministro Valditara, la Regione Lazio e Roma Capitale».

A chi obietta loro che di tavoli ne sono stati fatti diversi in questi anni, le studentesse e gli studenti del coordinamento romano rispondo che «non erano permanenti». «Abbiamo partecipato ma sono solo uno scaricabarile, così come sono adesso danno solo risposte insufficienti». E riguardo alla vastità del programma, che va dalla fine della guerra in Palestina ai problemi specifici di ogni scuola in mobilitazione, spiegano: «come studenti prendiamo parte a tutte le lotte e i movimenti che condividiamo, per questo le nostre rivendicazioni toccano tanti temi come il patriarcato e l’autoritarismo del governo con i suoi provvedimenti di carattere razzista, come il ddl Cutro, e punitivi, come il ddl Caivano, oltre che le riforme della scuola in senso meritocratico e aziendalistico di Valditara».

Il coordinamento autonomo romano chiede invece: «attenzione alla salute mentale, un sistema di valutazione costruttivo, l’attraversabilità degli spazi, una nuova impostazione della scuola basata su una didattica orizzontale, abolizione dei Pcto (alternanza scuola – lavoro) e la centralità della pubblica istruzione nella gestione dei fondi statali». E spiegano: «la nostra urgenza di decostruire la scuola attuale ci porta in una prospettiva di ricostruzione, i fondi esistono: nell’ultimo anno tra Pnrr a Scuola 4.0 sono arrivate all’istruzione somme ingenti che però sono state destinate male, agiscono in campi sbagliati come la digitalizzazione e la professionalizzazione della scuola, ci sarebbero poi anche altri soldi, come quelli impiegati per finanziare l’industria bellica o le misure di repressione inutili». «Chiediamo ascolto e la sperimentazione delle nostre proposte, sappiamo che non tutto quello che proponiamo sarà perfetto come immaginiamo, ma sempre meglio di quello che c’è adesso», dicono, mentre rivendicano di essere «soli», anche per smarcarsi dalle accuse di vandalismo in alcune scuole. «Non facciamo riferimento a nessuna organizzazione, né ad Osa né alla Rete né al Fronte della gioventù comunista».

Secondo il consigliere delegato all’Edilizia scolastica della Città metropolitana di Roma, Daniele Parrucci, ad oggi a Roma ci sono 18 scuole occupate, da varie sigle. «Le proteste di studenti e operatori delle scuole sono sempre da rispettare e ascoltare – dice Parrucci – ma i danneggiamenti dentro gli istituti derivanti da veri e propri atti vandalici sono intollerabili». Per questo il delegato rivolge «un appello ai ragazzi: aiutateci a rispettare e tutelare il vostro futuro».

Intanto continuano le mobilitazioni anche dei lavoratori della scuola. Dopo lo sciopero generale di Cgil e Uil con i loro comparti scuola, oggi scendono in piazza, a Cagliari, gli iscritti a Cobas Scuola Sardegna, una sigla indipendente sarda che opera in tutta Italia. La protesta riguarda il dimensionamento scolastico, l’autonomia differenziata, ma anche «la scuola della delirante didattica delle competenze addestrative e della digitalizzazione selvaggia, con lo sperpero dei denari del Pnrr».