Mentre mercoledì Meloni e Von der Leyen giravano a braccetto nelle terre alluvionate della Romagna (snobbando gli alluvionati) e iniziavano così la loro campagna elettorale in vista delle prossime europee, il governo ha inviato alla Commissione europea la dovuta lettera sulle concessioni balneari. Per effetto della campagna elettorale congiunta di Meloni e Von der Leyen e della loro sintonia, la linea (finora inflessibile) della Commissione Ue in fatto di concessioni balneari sembra ammorbidirsi. Bruxelles lo scorso novembre aveva annunciato una procedura di infrazione se l’Italia non avesse adeguato la sua normativa sulle concessioni balneari al diritto europeo, cioè con gara pubblica. Con la lettera di mercoledì, il governo ha chiesto una proroga di altri quattro mesi.

Accondiscendente la risposta dell’Ue, arrivata proprio ieri: «Non esiste una scadenza. Faremo un’analisi attenta, prendendoci il tempo necessario. Parallelamente stiamo cercando un dialogo con le autorità italiane per trovare una soluzione concordata compatibile con la legge europea» ha spiegato una portavoce della Commissione Ue nel corso del briefing quotidiano con la stampa. Secondo Zucconi, deputato di FdI: «Grazie al lavoro portato avanti dal tavolo tecnico è stata realizzata una mappatura su tutte le concessioni in essere per capire se c’è o non c’è scarsità di risorse, e quindi capire se è applicabile o meno la direttiva Bolkestein» (mappatura già esistente).

Per dimostrare che le coste ancora da antropizzare abbondano e non c’è nessuna scarsità, e quindi non servono gare, la lobby del balneari (Assobalneari-Confndustria) ha inviato al governo il dossier fotografico «Stabilimenti Balneari su Scogliere, Laghi e Fiumi»: «Abbiamo reso ancora più corposo di esempi il dossier fotografico a suo tempo presentato in occasione dei lavori del tavolo tecnico istituito presso la presidenza del Consiglio dei ministri, inviandolo a tutti i nove ministeri coinvolti nei lavori del tavolo» spiega Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari. «Lo abbiamo fatto allo scopo di fornire un utile supporto al governo nella sua risposta a Bruxelles con l’obiettivo di rendere facilmente comprensibile, con delle indiscutibili fotografie, che anche le coste di natura rocciosa sono idonee per essere date in concessione ai fini di creare da zero una nuova impresa turistica che possa generare posti di lavoro e valorizzare un territorio difficile altrimenti abbandonato».

«È l’assalto finale alle coste» denuncia Augusto de Sanctis, ambientalista abruzzese, consigliere della Stazione ornitologica Abruzzese, e con lui sono sul piede di guerre molte altre associazioni ambientaliste. «Non contenti di aver occupato gran parte delle coste sabbiose, ora, per evitare le gare per le concessioni, sostengono che si possono occupare anche le rimanenti coste rocciose di quello che era il Belpaese. Presentano fulgidi esempi di antropizzazione del litorale, affinché ci sia più cemento e privatizzazione ovunque. Le falesie e le coste alte rocciose sono state finora abbastanza risparmiate dal turismo di massa e vi nidificano tantissime specie di uccelli protetti, oltre a piante alofile. Sono insomma ricche di biodiversità. Andare a costruire stabilimenti nelle coste rocciose è folle anche per motivi di sicurezza, le falesie sono soggette a crolli frequenti. Senza parlare delle sponde dei fiumi, con le situazioni di fragilità e dissesto che ci sono. Quel reportage è agghiacciante, una raccolta di orrori. I balneari considerano le coste di loro proprietà, dimenticano che è un bene comune».