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I 60 milioni annunciati per i centri antiviolenza sono fondi già esistenti

I 60 milioni annunciati per i centri antiviolenza sono fondi già esistenti

Il 5 settembre 2016 la Corte dei Conti ha emesso una deliberazione che critica severamente la gestione ordinamentale amministrativa e finanziaria delle politiche pubbliche contro la violenza maschile e invita […]

Pubblicato quasi 8 anni faEdizione del 3 dicembre 2016

Il 5 settembre 2016 la Corte dei Conti ha emesso una deliberazione che critica severamente la gestione ordinamentale amministrativa e finanziaria delle politiche pubbliche contro la violenza maschile e invita il Dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ad adeguarsi alle normative internazionali e nazionali vigenti: «Quanto al finanziamento specificamente destinato al potenziamento delle strutture destinate all’assistenza alle donne vittime di violenza e ai loro figli, deve farsi presente che del tutto insoddisfacente è risultata la gestione delle risorse assegnate per gli anni 2013-2014, le uniche ripartite nel periodo all’esame. Le comunicazioni degli enti territoriali all’autorità centrale si sono rivelate carenti e inadeguate rispetto alle finalità conoscitive circa l’effettivo impiego delle risorse e all’esigenza della valutazione dei risultati».

Parole chiare e circostanziate.

La Corte poi aggiunge: «I fondi assegnati alle regioni € 16.449.385 di cui un terzo riservato all’istituzione di nuovi centri antiviolenza e case rifugio e i restanti 2/3 sono stati così suddivisi: 80% al finanziamento aggiuntivo degli interventi regionali già operativi (progetti già in essere nelle regioni) solo il 20% al finanziamento di centri antiviolenza e case rifugio (10% ciascuno)».

Quindi secondo la Corte dei Conti «ad ogni centro antiviolenza sono stati assegnati in media 5.862,28 euro; ad ogni casa rifugio € 6.720,18». Cifre dunque assolutamente inadeguate a sostenere le attività dei centri e delle case rifugio. In molti casi si è scelto di finanziare strutture non adeguate alla protezione ed all’accompagnamento in un nuovo progetto di vita per la donna sola o con figli/e, snaturando in alcuni casi l’apporto di competenza e saperi dei centri antiviolenza operanti ormai da 30 anni.

Sulle Azioni del piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere sempre la Corte dei Conti si esprime in questo modo «a fronte di 40 milioni di euro assegnati dal legislatore per le finalità del piano….,sono stati spesi solo 6.000 euro (pari allo 0,02%)».

Alla luce di quanto emerso, la Corte raccomanda al Dipartimento, per quanto concerne il Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, deliberato nel 2015, «di utilizzare i poteri di coordinamento e di direzione ad esso spettanti per imprimere un’accelerazione all’intero sistema».

I 60 milioni di euro annunciati dal Presidente del Consiglio sono quindi nella quasi totalità fondi già esistenti, non spesi soprattutto durante i due anni in cui ha trattenuto a sé la delega per le pari opportunità. Non sono fondi nuovi o aggiuntivi.

La legge 119/13 (legge impropriamente definita legge contro il femminicidio) prevede inoltre che il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità è incrementato di 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2015. Quindi è un obbligo di legge non una scelta politica o concessione.

Secondo l’emendamento approvato dalla commissione Bilancio alla legge di bilancio 2017 il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità sarà incrementato di 5 milioni annui nel triennio 2017-2019. Quindi questa sembra essere la cifra destinata a incrementare le azioni di contrasto alla violenza maschile contro le donne.

* Presidente dei Centri D.i.Re

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