È una regione liquida, fluttuante come nessun altra quella che ci consegna il voto del 25 settembre. Perché in Calabria esattamente un anno fa, era il 3 ottobre, si era votato per le regionali. E la comparazione è presto fatta. La partecipazione al voto poco più alta (45,8% nel 2021, 50,2% ieri). Ma l’esito è clamorosamente diverso. Almeno nei numeri, è uno tsunami. I due partiti usciti trionfatori all’alba del 26 settembre, M5S e FdI, alle regionali valevano complessivamente il 15%. In poco meno di un anno hanno più che triplicato i consensi. I grillini svettano come prima forza con il 29,6%, i meloniani soffiano la leadership interna a Fi nella sua storica roccaforte, sfiorando il 20%.

Una crescita impetuosa dei 5S nell’ultima settimana. Con i duelli nei collegi che si sono tramutati ben presto in triangolari. In cui il lato debole era sempre e comunque il centrosinistra a trazione Pd che prende una batosta storica. Il terzo polo di Calabria sono i dem. Che fanno il 13% come lo scorso anno ma crollano di 6 punti rispetto al 2018 renziano. E sopratutto non toccano palla negli uninominali.

Neanche in quelli «contendibili» alla vigilia, quelli cosentini, del nord/nord-est della regione. Qui la destra si era ficcata da sola in un vicolo cieco. Aveva candidature deboli e discusse. A Cosenza proponeva Andrea Gentile, dell’omonima grande famiglia della politica bruzia, figlio di quell’Antonio Gentile, già sottosegretario del governo Berlusconi, soprannominato, non proprio affettuosamente, «il cinghiale». E poi c’era il collegio jonico, quello di Mimmo Furgiuele, il fedelissimo di Salvini, personaggio controverso con rogne giudiziarie sul groppone e catapultato da Lamezia Terme in un’area a lui ignota.

È accaduto tutto in pochi giorni. Una desistenza tacita a favore del miglior secondo. Che non poteva essere il centrosinistra targato Pd ma il movimento di Conte. Perché i dem ormai risultavano impotabili per gran parte del mondo progressista calabrese. Avendo preso una cantonata con le liste plurinominali ne ha fatto le spese anche l’uninominale. A trarne profitto sono state due deputate uscenti grilline: l’ex sottosegretaria del governo gialloverde Anna Laura Orrico e Vittoria Baldino. La prima fa l’impresa e la spunta su Gentile, per soli 258 voti, con un incredibile 37%. La seconda manca il colpaccio, a 2300 preferenze dalla meta. Per il resto c’è la conferma di Forza Italia con il 16%, che tra gli altri elegge a Palazzo Madama il fratello del presidente di regione, Mario Occhiuto, già sindaco di Cosenza. C’è la discesa libera della Lega, ferma al 5%, e si registra la delusione dei calendiani con il 4%.

Nella contesa a sinistra («masochista» a detta di Mimmo Lucano, che per inciso aveva fatto dichiarazione di voto per Unione Popolare) non vince nessuno e perdono entrambi. I rossoverdi ottengono il peggiore score in Italia con l’1,5%, poco sopra c’è la lista di Luigi De Magistris che si attesta sul 2%. Un flop se paragonato al 16% delle regionali. Ma, al netto della performance grillina, anche in Calabria «il cielo è sempre più blu» per Fratelli d’Italia. Peccato però per Giorgia Meloni che la famiglia di Rino Gaetano l’abbia invitata a non usare i brani dell’artista crotonese come colonna sonora dei suoi comizi. «Giù le mani da Rino!», almeno questo.