«Il sistema internazionale su cui facciamo affidamento per proteggere i diritti umani è in pericolo dal momento in cui i leader del mondo distolgono lo sguardo mentre i principi universali dei diritti umani vengono violati». Lo ha affermato la direttrice di Human Rights Watch, Tirana Hassan, in occasione – ieri – della presentazione del report annuale dell’organizzazione. Particolare attenzione alla condizione dei migranti, «traditi» dall’Unione europea che ha «raddoppiato le misure repressive di deterrenza e le alleanze con paesi» che commettono abusi contro i diritti umani. Dall’Italia – di cui viene messo sotto accusa il decreto Cutro, la collaborazione con il regime di Kais Saied in Tunisia, il memorandum con la Libia, gli accordi con l’Albania – a Bulgaria, Croazia, Polonia, Grecia, Ungheria, Lituania e Lettonia che praticano «respingimenti illegali verso i confini esterni». Fino a Malta che, come il nostro Paese, facilita l’intercettazione dei migranti in mare a opera delle forze libiche.

«LE POLITICHE migratorie della Ue hanno contribuito a morti, torture e abusi. Gli stati europei hanno fallito nel contrastare la discriminazione strutturale e gli attacchi contro i membri delle comunità marginalizzate». E ancora: «La Ue non è riuscita ad agire di fronte alla crescente corrosione dello stato di diritto e della società civile da parte di stati membri, e ha dato prova di doppi standard nella propria politica estera». Ad aver «tradito» i migranti anche l’amministrazione statunitense di Joe Biden, che a fronte delle sue promesse di porre fine alle inumane politiche del suo predecessore Donald Trump ha rimpiazzato il Title 42 – la legge anti-Covid usata come cavallo di Troia per i respingimenti al confine – con una legge altrettanto «labirintica».
E non ha mantenuto nemmeno la promessa di porre fine alla pratica di subappaltare a privati la detenzione dei migranti: «A luglio, il 90% dei 30.000 non cittadini che in media vengono detenuti ogni giorno negli Stati uniti era prigioniero in strutture private».

GLI STATI UNITI vengono citati dal report per molte altre violazioni dei diritti umani, dalle disparità razziali a quelle economiche e di genere, specie negli stati dove non è più possibile abortire – oltre a evidenziare ancora una volta il fatto che si tratta del Paese con il maggior numero di cittadini detenuti al mondo. Come molti altri paesi occidentali, inoltre, vengono messi sotto accusa per i «doppi standard» nei confronti del rispetto dei diritti umani all’estero. Il presidente Biden «ha mostrato scarso interesse nel mettere di fronte alle proprie responsabilità paesi che violano i diritti umani ma che sono allo stesso tempo strumentali alla sua agenda politica, o nella sfera di influenza cinese. Alleati degli Usa come Arabia saudita, India ed Egitto continuano a violare su vasta scala i diritti delle loro popolazioni».

AMPIO SPAZIO nel report di oltre 700 pagine hanno naturalmente le guerre in corso, dall’Ucraina – arrivata quasi al terzo anno di invasione russa – a Gaza, vittima «del rifiuto di mettere sotto accusa gli abusi del governo israeliano», che segue il rifiuto di Usa e gran parte dei paesi dell’Unione europea di «sollecitare la fine della chiusura della Striscia, che dura da 16 anni».

E si cita anche la guerra dimenticata del Sudan, che da aprile è teatro dello scontro fra esercito e milizie delle Rapid Support Forces. Non solo – scrive Hrw – le Nazioni unite sono state incapaci di «porre fine agli abusi su vasta scala nei confronti dei civili» nel paese africano, ma «dietro l’insistenza del governo sudanese il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha terminato la sua missione politica in Sudan, ponendo fine a quel poco che rimaneva della capacità dell’Onu di proteggere i civili e rendere pubblica la situazione dei diritti umani»