Hillary, la candidata dell’1%
Verso la Casa bianca Online i redditi milionari dei coniugi Clinton. Trump invece si rifiuta. Ma sui compensi da capogiro per i discorsi dell'aspirante presidente democratica resta valida la domanda di Bernie Sanders: «Come potrà tassare i super ricchi da cui ha preso montagne di soldi?»
Verso la Casa bianca Online i redditi milionari dei coniugi Clinton. Trump invece si rifiuta. Ma sui compensi da capogiro per i discorsi dell'aspirante presidente democratica resta valida la domanda di Bernie Sanders: «Come potrà tassare i super ricchi da cui ha preso montagne di soldi?»
Rendere pubblica la propria dichiarazione dei redditi è una pratica diffusa dei politici americani, Clinton inclusi, dagli anni ’70, e la candidata democratica Hillary Clinton ha diffuso online, sul proprio sito, la sua dichiarazione dei redditi per il 2015. Stando ai documenti pubblicati congiuntamente al marito, Hillary l’anno scorso ha guadagnato 10,6 milioni di dollari e pagato 3,6 milioni di tasse, vale a dire il 34,7%. I Clinton hanno anche donato un milione di dollari alla loro fondazione.
La fonte principale di reddito per i coniugi Clinton sono gli interventi alle conferenze di Bill, pari a 5,2 milioni di dollari, insieme ai 3 milioni di diritti incassati da Hillary per il suo ultimo libro. In passato anche Hillary è stata un’oratrice remunerata, ma ha smesso quando ha cominciato la campagna elettorale per la Casa bianca.
Durante le primarie Bernie Sanders, che aveva subito reso noto il proprio guadagno di circa 200 mila dollari, gran parte sulla base del salario da senatore pari a 174 mila dollari, aveva spesso pungolato Hillary Clinton a proposito dei suoi interventi a conferenze fatte a Wall Street dove la candidata aveva guadagnato oltre 2 milioni di dollari di cui 675mila solo con Goldman Sachs. «Vorrei sapere che parole ci sono in un discorso che vale questa somma» ripeteva Sanders, chiedendo invano che la trascrizione di questi discorsi milionari venisse resa pubblica.
Quello della provenienza dei redditi non è un problema da niente. Ora, durante la campagna, Hillary sta portando avanti un programma fiscale spostato a sinistra. Pochi giorni fa ha scelto Warren, un sobborgo di Detroit, per presentarlo. Scelta del luogo non casuale: una zona travolta dalla ristrutturazione industriale e dalla perdita di posti di lavoro, e qui Clinton ha presentato un programma che si rivolge soprattutto alla classe media impoverita e ai working poor, vale a dire quelle persone che pur essendo impiegate a tempo pieno non raggiungono la fine del mese con lo stipendio; è un piano fatto di investimenti nelle infrastrutture per creare posti di lavoro e facilitazioni fiscali per la classe media, e comprendente anche bei carichi fiscali per ricchi e super ricchi. La domanda che poneva Sanders resta invariata e ovvia: come potrà Clinton, tassare i super ricchi da cui ha accettato montagne di soldi per anni e che hanno finanziato la sua elezione? Che il sistema dei finanziamenti debba cambiare è ormai scontato, grazie alle super donazioni, i candidati ormai rappresentano fondamentalmente le lobby ed è tutto un gioco tra lobby diverse, più o meno indigeribili.
Anche Tim Kaine, candidato alla vice presidenza con Hillaruy Clinton, ha pubblicato la sua dichiarazione dei redditi e per il 2015, insieme alla moglie ha guadagnato 310mila dollari, cifra alta ma umana, mentre il reddito dei Clinton li proietta in una fascia sideralmente lontana da quella del 99% che il presidente dovrebbe tutelare.
Sul fronte repubblicano la situazione è ancora più spinosa.
Trump non ha mai voluto rendere pubblica la sua dichiarazione dei redditi, né sembra intenzionato a farlo ora; durante le primarie aveva annunciato di averla depositata alla commissione federale elettorale e di essere fiero che fosse la più grande della storia della Fec. Negli ultimi 17 mesi il suo reddito sarebbe stato di 557 milioni di dollari e la sua fortuna supererebbe i 10 miliardi di dollari. Resta che la propria dichiarazione dei redditi Trump non vuol farla vedere. Secondo il New York Times la ragione del rifiuto potrebbe essere causata dal fatto che in realtà Trump potrebbe star pagando poco o niente al fisco americano.
In quanto costruttore, Trump può approfittare di sgravi fiscali tali da permettergli di denunciare al fisco redditi bassissimi o addirittura una perdita. È una pratica diffusa tra i magnati dell’immobile anche se guadagnano centinaia di milioni di dollari. L’ipotesi, per il New York Times, sarebbe coerente con le dichiarazioni dei redditi di Trump della fine degli anni ’70, quando dovette depositarle in New Jersey per ottenere una licenza per un casinò nel 1981.Nel 1978 e nel 1979 non aveva pagato nulla al fisco e nei tre anni prima aveva versato meno di 75.000 dollari.
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