Hillary Clinton, incubo email
Stati Uniti/presidenziali La candidata democratica resta in vantaggio su Donald Trump ma l'ultimo rapporto pubblicato dall'Fbi sull'uso prevalente dell'ex first lady, quando era Segretario di stato, del suo indirizzo personale di posta elettronica, la espone a nuovi attacchi del rivale repubblicano
Stati Uniti/presidenziali La candidata democratica resta in vantaggio su Donald Trump ma l'ultimo rapporto pubblicato dall'Fbi sull'uso prevalente dell'ex first lady, quando era Segretario di stato, del suo indirizzo personale di posta elettronica, la espone a nuovi attacchi del rivale repubblicano
A due mesi dal giorno delle elezioni, Hillary Clinton resta in vantaggio sul suo avversario Donald Trump. Da ogni punto di vista: sondaggi, raccolta fondi, una squadra efficiente al lavoro 24 ore su 24. Un insieme di cose che dovrebbe portarla a diventare il primo presidente donna degli Stati Uniti. Trump ha recuperato – almeno secondo un sondaggio condotto fra il 26 agosto e l’1 settembre da Reuters-Ipsos – eppure, assicurano alcuni esperti, Clinton dovrebbe farcela anche perdendo in Ohio e Florida. Il tycoon repubblicano non molla ma, di fatto, ha sprecato l’intera estate senza mettere in seria difficoltà l’avversaria. Ora però Trump ha nuove munizioni per attaccare la candidata democratica e provare a ribaltare a suo favore l’accusa di non avere l’esperienza e le capacità per guidare gli Stati Uniti. È di nuovo in primo piano la vicenda dell’utilizzo prevalente da parte dell’ex first lady, nei quattro anni in cui è stata Segretario di stato, del suo indirizzo personale di posta elettronica per le comunicazioni di lavoro. Una “leggerezza” che ha impedito alle autorità federali di acquisire i registri delle sue comunicazioni professionali, come è previsto per chi ricopre incarichi pubblici. E ora per Clinton le cose si complicano, anche se a inizio luglio la ministra della giustizia Loretta Lynch aveva decretato che il caso è chiuso.
Un documento dell’Fbi, pubblicato venerdì, che include una sintesi del suo interrogatorio dello scorso 2 luglio e di quelli dei suoi collaboratori, ha gettato nuove ombre sull’operato dell’ex Segretario di stato. Nelle 58 pagine si può leggere che Hillary Clinton ha usato ben 13 telefonini dai quali ha inviato posta elettronica. E alcune di queste email contenevano informazioni classificate con la lettera “C”, ossia “confidenziali”. Secondo le carte dell’Fbi, Clinton ha confermato che non sapeva che la “C” nelle email indicava materiale classificato. In effetti questo lo aveva già anticipato il direttore del Fbi, James Comey, nella sua audizione al Congresso, precisando che l’allora Segretario di Stato non aveva dimestichezza con la posta elettronica, quindi era possibile che non avesse capito il significato di quella lettera. In ogni caso è imbarazzante per chi aspira ad occupare la poltrona più importante alla Casa Bianca. Peraltro Hillary Clinton era stata avvisata dal suo predecessore Colin Powell che nel 2009 le scrisse di stare «molto attenta» perché le email mandate col suo telefono Blackberry avrebbero potuto diventare documenti pubblici. Cosa accaduta dopo l’attacco di Bengasi del 2012 – costato la vita all’ambasciatore Usa Chris Stevens e ad altri quattro americani – quando si scoprì che Clinton aveva un canale privato per le comunicazioni con la posta elettronica. Resta inoltre il dubbio di possibili hackeraggi.
Trump è andato all’attacco sostenendo, appunto, che i documenti rafforzano «la tremendamente cattiva capacità di giudizio e la disonestà» della sua rivale. E il candidato repubblicano nei suoi prossimi infuocati interventi pubblici non mancherà di commentare a modo suo i ripetuti «non ricordo» di Hillary Clinton che appaiono nel materiale pubblicato dall’Fbi. «Clinton non era in grado di ricordare quando ha ricevuto la prima autorizzazione… – si legge nel rapporto -… Clinton non era in grado di dare un esempio su come veniva determinato se un documento fosse classificato o meno…». Amnesie che l’ex Segretario di stato spiega con la commozione cerebrale che l’ha colpita nel 2012. Probabilmente ha detto la verità ma quei «non ricordo» non possono non gettare un’ombra sull’integrità fisica della candidata democratica di fronte agli elettori americani.
Da parte sua Clinton ostenta sicurezza e ottimismo. «Siamo contenti – dicono al suo quartier generale – che l’Fbi abbia diffuso i materiali dell’interrogatorio come avevamo richiesto. Mentre il suo uso di un account email privato è stato chiaramente un errore di cui si è già assunta la responsabilità, questi materiali rendono chiaro perché il Dipartimento di giustizia ha ritenuto che non ci fossero le basi per proseguire con questo caso». Sul piano giudiziario è vero. Su quello politico invece la partita è tutta da giocare.
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