Il 24 marzo 1947, l’Assemblea costituente approvava la prima parte dell’articolo 11 della Costituzione, quella in cui è sancito, senza possibilità di fraintendimenti, il «ripudio» della guerra non solo come «strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», ma anche come «mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Numerosi e attuali i temi discussi dai costituenti: la difficoltà di separare le guerre “giuste” (per legittima difesa) da quelle “ingiuste”; la prospettiva di un’Europa federale come dimensione sovranazionale capace di garantire la pace; la compatibilità tra l’appartenenza a uno dei “blocchi imperialistici” e la scelta di rinunciare definitivamente alla guerra.

Questioni profonde e – si direbbe oggi – divisive, affrontate però in una prospettiva comune, ben sintetizzata dalle parole pronunciate da Meuccio Ruini in quella seduta: «Aleggia nell’Aula su tutti noi un’ispirazione comune, un’esigenza da tutti sentita di condannare la guerra e di tendere ad una organizzazione internazionale. Questo è il punto comune. Le altre diventano piuttosto questioni di formulazione tecnica». Insomma, si discusse sulle parole e non sulla sostanza, nella convinzione che scrivere il «ripudio» (non la semplice rinunzia o la più generica condanna) della guerra in Costituzione avesse un senso: allontanare il più possibile l’uso delle armi dall’orizzonte costituzionale.

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Vi ricordate quel 25 aprile?

La storia, a volte, sa essere beffarda. A distanza di settantasette anni da quel dibattito, il Consiglio europeo si è riunito per discutere, tra le altre cose, della guerra in Ucraina. La traccia della discussione è indicata dalla lettera di invito del presidente Charles Michel ai membri del Consiglio. Un elenco di azioni dettate dalla necessità di presentarsi compatti e «determinati» dinnanzi alla crisi bellica: rifornire rapidamente l’Ucraina di munizioni; adottare misure «radicali e concrete» per mettere l’economia UE «sul piede di guerra»; agevolare, in ogni modo, l’industria della difesa. Il tutto accompagnato da un auspicio piuttosto sinistro: per costruire questa nuova «mentalità strategica» servono una leadership «forte» e una «profonda comprensione dell’urgenza delle minacce che abbiamo davanti».

Si tratta di un quadro programmatico (un vero e proprio nuovo indirizzo politico europeo) davvero fosco, che ricorda i contesti materiali nei quali sono germogliati e poi esplosi i grandi conflitti mondiali del Novecento. Gli ingredienti potenzialmente esplosivi ci sono tutti: l’emergenza, la transizione verso un’economia di guerra, l’incondizionato sostegno militare; l’insofferenza per gli oneri e gli «ostacoli» normativi (che possano intralciare l’industria della difesa); il rafforzamento della leadership (per evitare qualsiasi tentennamento in merito alla scelta di percorrere, fino in fondo, l’opzione militare).

Viceversa, nel programma europeo non c’è traccia di iniziative tese a disinnescare l’escalation, attraverso gli strumenti del dialogo e della trattativa. In Europa, così come in Medio Oriente e in tante altre parti del mondo dimenticate, alla guerra non sembra esserci (più) alternativa.

Come leggere i lavori del Consiglio europeo alla luce del dibattito che si svolse in Assemblea costituente? Erano i costituenti degli illusi fuori dal tempo e dalla storia, esattamente come gli odierni pacifisti? Niente affatto. Pur appartenendo a forze politiche diverse, i costituenti erano accomunati dalla medesima esperienza concreta: l’aver vissuto sulla propria pelle le violenze del regime fascista e gli orrori della guerra. E proprio in ragione di questa comune esperienza avevano maturato (quasi tutti) la convinzione di mettere fuori legge tanto il fascismo quanto la guerra.

Che Putin, dittatore senza scrupoli, sia l’aggressore è sotto gli occhi di tutti. Ma che la strategia bellicista non abbia prodotto i risultati sperati è altrettanto evidente. Non è sufficiente vedere le immani sofferenze altrui per cercare soluzioni alternative alla guerra? Per «ripudiare» davvero la guerra, bisogna per forza passarci attraverso? La grande scommessa dei costituenti era che si potesse garantire la pace anche senza ricorrere alla (e vivere la) guerra. L’Unione europea sembra invece sempre più convinta dell’esatto contrario.