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Guadalupe, la prima donna deportata dal populismo vendicativo del tycoon

Guadalupe, la prima donna deportata dal populismo vendicativo del tycoonGuadalupe Garcia de Rayos, la donna messicana deportata

Stati uniti Il piano di Bannon di pulizia etnica del sudovest lacererà famiglie e tessuto sociale. I repubblicani si affidano alla politica anti-immigrati per inibire il voto ispanico che li rende minoranza

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 11 febbraio 2017
Luca CeladaLOS ANGELES

Guadalupe García De Rayos, una donna di 35 anni, è stata deportata ieri da Phoenix dove viveva da 21 anni. La donna messicana è stata arrestata da agenti della Immigration and Customs Enforcement (Ice) e caricata su un cellulare che l’ha depositata Nogales, al di là del confine messicano.

Una deportazione come mille altre che ha però avuto la distinzione di essere stata la prima autorizzata dall’amministrazione Trump che con un decreto ha potenziato l’Ice predisponendo l’assunzione di 13.000 nuovi agenti.

Rayos, già arrestata nel 2008 e denunciata per “impiego non autorizzato” in un parco giochi della città dell’Arizona, era stata colpita da un ordine di rimozione con sospensione condizionale. Giovedì la donna, madre di due figli adolescenti, si era recata regolarmente in questura ad apporre la firma richiesta dove invece è stata ammanettata. All’esterno, una folla di contestatori, fra cui i figli della Rayos, ha tentato di bloccare il convoglio e sette persone sono state arrestate.

Nello stesso giorno in cui la corte d’appello ha bloccato il Muslim Ban l’episodio, subito riverberato negli Stati di frontiera, ha lasciato intravedere una seconda fase del piano anti immigrati Trump/Bannon che promette di essere più sconvolgente.

Le deportazioni di massa ripetutamente promesse dalla campagna Trump equivalgono, nel sudovest meticcio, culturalmente ispanico, ad una  pulizia etnica destinata  a spaccare famiglie e lacerare profondamente il tessuto sociale.

Gli immigrati residenti clandestinamente nel paese si stimano in 12 milioni di cui moltissimi integranti di famiglie “miste”,  composte di “illegali” e cittadini, solitamente figli nati negli Stati Uniti. L’amministrazione Obama, che pure aveva deportato numeri record, aveva perlopiù concentrato gli sforzi sulle persone con precedenti penali, dichiarato di non voler separare le famiglie e concesso un’amnistia (Daca) al milione circa di giovani e studenti giunti da bambini e mai regolarizzati.

La deportazione di Garcia de Rayos  – emblematica per come ha lasciato soli nel paese i figli minorenni della “clandestina” – potrebbe segnare ora l’annunciata inversione di rotta ed una nuova tolleranza zero dell’amministrazione Trump.

È comunque bastata a seminare il panico nella comunità ispanica soprattutto quando si è aggiunta la notizia di una serie di retate effettuate nella zona di Los Angeles. Il comitato per difesa degli immigrati (Chirla) ha segnalato un centinaio” di arresti nella zona metropolitana in cui vivono almeno un milione di clandestini, un’impennata anomala rispetto alla “normale”  manciata di deportazioni quotidiane.

Nel centro di Los Angeles ci sono state manifestazioni contro il nuovo “attivismo” del Ice che ha rievocato i periodi più bui della storia di questa città, gli anni ’30 ad esempio quando avvennero le ultime deportazioni di massa e decine di migliaia di messicani vennero caricati a forza su convogli ferroviari a Union Station.

Le radio in lingua spagnola hanno interrotto le trasmissioni con dirette sull’”emergenza” e linee aperte agli ascoltatori in lacrime. Esperti hanno dato consigli su come comportarsi in caso di fermo e quello inquietante di “informarsi prima di uscire di casa”. Lo stesso governo del Messico ieri ha diramato un avvertimento ai propri cittadini residenti negli Stati Uniti alla luce delle “nuove aggressive politiche di immigrazione”.

Una psicosi giustificata d’altronde dalla demagogia incendiaria che ha caratterizzato fin dall’inizio il populismo vendicativo di Trump.

Particolarmente inquietanti le divagazioni suprematiste e infiammatorie precedentemente espresse dall’ideologo  Steve Bannon secondo cui l’immigrazione (clandestina ma non solo) è un cancro morale che corrompe l’”americanità originale”.

Al di là delle farneticazioni Alt-right, si delinea un chiaro progetto per diluire il voto ispanico. Alla presidenza Trump i repubblicani affidano il piano per invertire la “deriva demografica”  che li condanna alla minoranza popolare per effetto tra gli altri della progressiva crescita di un elettorato ispanico in gran maggioranza democratico.

Avendo conquistato la Casa Bianca con 3 milioni di voti in meno grazie al collegio elettorale, il progetto Gop è ora di blindare una supremazia conservatrice attraverso  le circoscrizioni elettorali disegnate ad arte per favorire i repubblicani (gerrymandering) e l’inibizione del voto delle minoranze affidata principalmente a Jeff Sessions, l’attorney general segregazionista appena insediato.

Una situazione esplosiva specie in California dove i latinos sono ormai in maggioranza, per la potenziale destabilizzazione sociale e non solo.

La linea dura di Trump comincia  suscitare preoccupazione in un gruppo di suoi sostenitori: i grandi interessi  agricoli che con la deportazione dei clandestini perderebbero di colpo la forza lavoro al completo. Un danno economico catastrofico calcolabile in miliardi di dollari

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