Wwf e Greenpeace non accettano supinamente la sentenza del Tar del Lazio che, nel dare il via libera all’operatività della nave rigassificatrice Golar Tundra nel porto di Piombino, ha condannato anche le due associazioni ambientaliste al pagamento di 15mila euro di spese legali, da suddividere con il sindacato di base Usb. “Valuteremo eventuali ulteriori azioni – annunciano congiuntamente – dopo esserci confrontati con i nostri avvocati”.

Non sono solo le spese legali ad essere contestate. “Abbiamo fin dall’inizio denunciato l’assoluta anomalia di un procedimento ambientale autorizzatorio che si è concluso solo durante il processo davanti al Tar – ricordano – mentre la messa in esercizio dell’impianto risale a luglio dello scorso anno. Una procedura incredibile, che sovverte uno dei principi fondamentali del Codice dell’ambiente e che, pertanto, costituisce un precedente gravissimo”. Questo perché “la ricerca di una soluzione all’emergenza energetica determinatasi dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, su cui peraltro la nave rigassificatrice non ha inciso, non può giustificare lo stravolgimento delle procedure fissate dalla normativa di protezione ambientale italiana ed europea”.

Le critiche alla decisione del giudici amministrativi non si fermano qui, investendo, appunto, il tema della condanna alle spese: “E’ un ulteriore aspetto sconcertante della sentenza del Tar Lazio. Non solo la condanna, pesantissima, di 90mila euro a carico del Comune di Piombino, ma anche quella di ben 15mila euro per i ricorrenti ‘ad adiuvandum’. Specie questa seconda condanna non ha precedenti nella giurisprudenza amministrativa. E suona quasi come un invito ai portatori di interessi generali e diffusi, di cui comunque la Costituzione riconosce il ruolo attraverso il principio di sussidiarietà, a non occuparsi della cosa pubblica”.

Quanto ai piani del precedente governo Draghi, confermati dall’attuale esecutivo di Giorgia Meloni, sulle piattaforme di rigassificazione, il Wwf e Greenpeace contestano alla radice queste scelte politiche, in base ad elementari dati di fatto: “L’utilità di nuove infrastrutture Gnl, che utilizzano il gas naturale, costituito sostanzialmente da metano, un gas serra con potere climalterante fino a 83 volte quello della CO2, è dubbia anche sotto il profilo della sicurezza energetica, considerata la già esistente capacità di approvvigionamento italiana – ben 83 miliardi di m3 l’anno, già epurata dal gas russo – e i dati decrescenti della domanda di consumo: 68,5 miliardi di m3 nel 2022, calo che nei primi 8 mesi del 2023 è addirittura aumentato arrivando a -14,7% rispetto allo stesso periodo 2022”.

Un investimento poco lungimirante dunque, “che rischia pericolosamente di trasformarsi in stranded asset, investimento che perde valore prima di essere completamente ammortizzato, con severi costi per la collettività e per gli obiettivi di decarbonizzazione”. Anche la Rete No Rigass Gnl solidarizza con le due associazioni ambientaliste e il comune piombinese.