Europa

Gli ambientalisti tedeschi sgomberati da Lützerath

Gli ambientalisti tedeschi sgomberati da LützerathAgenti di polizia sgomberano i manifestanti nel villaggio di Luetzerath vicino a Erkelenz, Germania – Ap

Germania Questa mattina sarà rimosso l’ultimo ostacolo sulla strada delle ruspe del colosso energetico Rwe, pronte a radere al suolo il villaggio per espandere il sito estrattivo. Gli attivisti accusano di tradimento il vicecancelliere Habeck e la ministra verde dell’Ambiente del Nordreno-Vestfalia Neubaur

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 11 gennaio 2023

«La protezione del Clima non è un crimine» da un lato e «Non mettetevi contro la polizia altrimenti sarete perseguiti penalmente» dall’altro. Comincia così, 24 ore prima della scadenza dell’ultimatum della polizei, lo scambio di “premesse” fra i 300 attivisti che formano la catena umana davanti all’ingresso della più grande miniera di carbone d’Europa e l’esercito di agenti incaricato di sollevarli con la forza.

Ieri è iniziata la rimozione dei cordoni di manifestanti più esterni al presidio, ma da questa mattina diventa ufficialmente esecutivo il provvedimento di sgombero totale dell’ultimo ostacolo sulla strada delle ruspe del colosso energetico Rwe, pronte a radere al suolo il villaggio di Lützerath (l’ultimo dei 20 già distrutti) per espandere il sito estrattivo già delle dimensioni di 80 chilometri quadrati.

«Questo caso è diventato l’emblema della distruzione del territorio che non si ferma neppure di fronte all’evidenza della catastrofe» sintetizza Luisa Neubauer, leader del Fridays For Future tedesco, denunciando allo stesso tempo il «gigantesco favore fatto all’impresa carbonifera del Nordreno-Vestfalia». Contro la devastazione di Rwe è schierata da mesi anche Last Generation e il resto della galassia ambientalista che punta il dito soprattutto contro i Verdi, alla guida sia del Land che del Paese.

Secondo gli ambientalisti i primi a tradire la svolta energetica in nome dell’economia di guerra sono il vicecancelliere Robert Habeck e la ministra dell’Ambiente del Nordreno-Vestfalia Mona Neubaur, costretta a giustificare così la clamorosa retromarcia dei Grünen rispetto al patto con gli elettori: «Avremmo voluto salvare il villaggio di Lützerath, ma abbiamo dovuto prendere atto della complicata realtà».

Opposta, per la cronaca, a quella semplice scientificamente certificata dall’Istituto federale per l’Economia secondo cui l’espansione della miniera è del tutto inutile al fabbisogno energetico della Germania. «Il nostro studio dimostra che il borgo di Lützerath non ha bisogno di essere distrutto. C’è abbastanza carbone nelle aree scavate già esistenti». Di più; a sentire gli esperti del settore «servirebbe, al contrario, una moratoria immediata sull’estrazione» specialmente alla luce dell’accordo firmato lo scorso 4 ottobre da governo Scholz, Nordreno-Vestfalia e Rwe sull’eliminazione graduale del carbone nel 2030: otto anni prima del previsto.

Alla vigilia dello sgombero del mega-sit in ambientalista solleva il paradosso al Bundestag la co-segretaria della Linke, Janine Wissler, esprimendo il sostegno a chi si oppone al patto della Coalizione Semaforo con i padroni della Ruhr. «Incredibile constatare quanti soldi e quanti sforzi mette il governo Scholz per scavare inutili buchi nonostante tutti in Germania ripetano che non servano nuove miniere». Mentre a Düsseldorf, riporta la tv pubblica, davanti alla sede di Verdi qualcuno ha voluto dissentire scaricando simbolicamente 250 chili di carbone.

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