«Chiedo a italiani e stranieri di venire sabato 22 ottobre alle 11 di fronte alla procura di Pavia. Ci sarà un presidio per la giustizia di mio fratello Youns e per dire all’Italia che la legge è uguale per tutti». Bahija El Boussetaoui ha affidato a un video la convocazione di un sit-in a sostegno della battaglia per la verità sull’omicidio del fratello che sta conducendo con gli avvocati Debora Piazza e Marco Romagnoli. Non è giusto, continua, «che il più forte schiacci e uccida il più povero, lo straniero».

Il riferimento è a Massimo Adriatici, avvocato ed ex assessore leghista alla Sicurezza di Voghera che il 20 luglio 2021 nella piazza del suo comune avrebbe ammazzato a colpi d’arma da fuoco il 39enne di origini marocchine. Il dito, però, è puntato contro la procura che secondo la famiglia El Boussetaoui ha condotto indagini lacunose e ostacola i suoi legali.

Per ultimo negando l’acquisizione della copia forense del cellulare di Adriatici, cioè l’intero contenuto del dispositivo estratto in modo certificato. Il pm Roberto Valli ha autorizzato gli avvocati della famiglia solo a consultarla nell’ufficio intercettazioni della procura. Senza poter acquisire le chat e sotto la sorveglianza di un carabiniere. «In questa vicenda sembra che gli indagati siamo noi», denuncia l’avvocata Piazza che parla di «mortificazione e annientamento» della possibilità di difendere la persona offesa. Si tratta di una grande mole di materiale che i legali hanno bisogno di analizzare a fondo. Impossibile farlo nelle condizioni stabilite, che impediscono perfino di portare al giudice gli elementi ritenuti utili.

Anche in fase di indagini preliminari la procura si era opposta alla consegna dei dati. Diniego confermato dal Gip, ma smentito dalla Cassazione. Adesso però le indagini sono chiuse, con la procura che ha mantenuto l’accusa originaria: «eccesso colposo di legittima difesa». Anche dopo questo passaggio, però, il pm ha rigettato l’istanza di acquisizione motivandola con «esigenze di riservatezza». Gli avvocati faranno opposizione al Gip e sono pronti ad arrivare nuovamente fino in Cassazione.

Si tratta solo dell’ultima anomalia in ordine di tempo. Ce ne sono almeno altre quattro. Primo: l’autopsia realizzata a tempo record, 12 ore dopo l’omicidio, senza avvisare i familiari né i legali della vittima. Entrambi noti a tribunale e carabinieri di Pavia per vicende pregresse che avevano riguardato l’uomo. Secondo: il pm ha da subito ipotizzato l’«eccesso colposo di legittima difesa». Solo successivamente l’ipotesi di reato è stata trasformata, a penna, in «omicidio volontario», per ritornare a quella originaria nella richiesta di misura cautelare. «Mai vista una cosa simile. In genere il pm fa l’imputazione per omicidio volontario e poi spetta al difensore lavorare per cambiarla», afferma Piazza. L’ipotesi meno grave è stata confermata anche nell’atto di chiusura indagini. Nonostante Adriatici abbia utilizzato proiettili vietati, di tipo espansivo e quindi più pericolosi, e l’autopsia stabilito che il colpo è stato sparato dall’alto verso il basso. «Cioè dopo che l’ex assessore si era rialzato», ha dichiarato l’avvocato Romagnoli. Terzo: la procura non ha acquisito dei filmati che avrebbero potuto chiarire se Adriatici seguiva la sua vittima. Quando i legali li hanno richiesti erano stati cancellati. Quarto: Adriatici è stato lasciato aggirarsi indisturbato sul luogo del crimine con il rischio di inquinamento delle prove.

Nelle prossime settimane il Gip dovrà decidere se avallare l’ipotesi di reato formulata dal Pm o modificarla. Poi si arriverà all’udienza preliminare per il probabile rinvio a giudizio.