Faccia feroce ma modi più che cortesi. La Lega non si mette di traverso all’approvazione della riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm, malgrado gli annunci di battaglia di Salvini e della senatrice Bongiorno. Non ritira gli emendamenti al testo Cartabia, come non li ritira Iv, ma i suoi senatori intervengono il minimo indispensabile in aula, evitano anche di accennare l’ostruzionismo. È un senatore leghista che conduce velocemente in porto il disegno di legge: Calderoli, specialista degli sprint. Talmente nella parte da fare il disinvolto: «Abbiamo fatto un po’ tardino», dice dopo aver chiuso 184 votazioni in quattro ore. Bocciati tutti gli emendamenti, testo della camera confermato, riforma pronta per le dichiarazioni di voto finali e l’approvazione, oggi.

Fingeva Salvini quando diceva che voleva portare in aula la voce di «dieci milioni di elettori favorevoli ai referendum sulla giustizia» (che erano nove, mentre gli altri 41 milioni hanno detto altro), faceva scena Bongiorno quando prometteva battaglia contro il testo Cartabia «non una riforma ma una correzione blanda», esagerava anche Letta chiedendo che Draghi mettesse la fiducia contro la Lega che si metteva di traverso: Draghi non ci ha pensato per un attimo e la Lega non si è messa di traverso, il segretario Pd provava a infierire sulle ambiguità leghiste.

Ambiguità ben riassunte dall’atteggiamento del relatore in aula. È il leghista presidente della commissione giustizia Ostellari, il ruolo se lo è dato da sé. Martedì sera poco prima della mezzanotte si è chiuso l’esame del disegno di legge in commissione, ieri pomeriggio tocca a lui riferire il parere negativo sugli emendamenti, tutti bocciati anche in sede referente. Ma non lo fa, si rimette all’aula. Anzi, nella sua relazione, in teoria di maggioranza, dice «basta presentare i provvedimenti come bandierine». Non è un’autocritica leghista, ce l’ha con Letta e la sua richiesta di fiducia. Caso vuole che in quel momento a presiedere l’aula ci sia Anna Rossomando, che è la responsabile giustizia del Pd dunque una con la presa salda sul provvedimento. Interrompe Ostellari, gli dice che così non va bene. Ma poi Ostellari continua, non dà mai un parere sugli emendamenti e alla fine tutti gli altri smettono di farglielo notare. Tanto le votazioni scorrono via velocissime.

Passa senza danni anche l’unico voto segreto, in teoria con Lega e Iv favorevoli poteva essere un problema. È il voto su un emendamento leghista che riprende alla lettera il quesito referendario numero due, quello per limitare le misure cautelari. Proprio per questo, però, Fratelli d’Italia che al referendum numero due aveva scelto di votare No, non può votarlo adesso. Per non passare dalla parte della maggioranza, i senatori di Meloni non partecipano al voto, mentre i renziani si astengono, qualche leghista si assenta, i forzisti si distraggono. Alla fine l’emendamento prende appena settanta voti segreti. Una cosa è minacciare tempesta contro il governo in tv, un’altra è pensare di creare problemi veri in aula.
Così il disegno di legge sarà approvato definitivamente oggi. Era arrivato (alla camera) nei primi giorni del governo Conte 2, quello giallorosso, firmato dall’allora ministro Bonafede. Cartabia l’ha riscritto, al prezzo di una serie infinita di mediazioni con la sua confusa maggioranza. Lo aspetta per la promulgazione il presidente Mattarella. Subito dopo, con le nuove regole, convocherà lui stesso le elezioni del nuovo Csm. A settembre.