Industria di guerra e difesa atomica per proteggere non più la socialdemocrazia tedesca bensì «i nostri valori occidentali». Il cancelliere Olaf Scholz, accusato sempre di temporeggiare su qualunque decisione-chiave soppesando ogni singola parola pronunciata in pubblico, sulla nuova vocazione della Germania ha le idee chiare ed è pronto a inseguirle a tutti i costi: il conto economico di miliardi di euro che verrà scaricato sul Paese già soffocato dalla recessione e il costo elettorale che pagherà il suo partito sprofondato al terzo posto nei sondaggi dopo democristiani, fascio-nazionalisti e solo di una manciata di voti davanti ai Verdi.

Ciò nonostante la svolta bellica a Berlino è tratta: «Serve mettere a pieno regime la produzione di armamenti nei nostri stabilimenti. Dobbiamo orientarci a fabbricare tutte le munizioni necessarie» scandisce Scholz specificando i due obiettivi: continuare a rifornire di armi l’Ucraina sempre più traballante nella capacità militare e preparare la Bundeswehr a diventare combat-ready entro il 2025: anno in cui il ministro della Difesa immagina il «possibile attacco russo alla Nato».

Nessuna de-escalation, dunque. Mentre nella Spd non si registrano grandi dissensi ma solo i lievi mal di pancia di chi non ha digerito il discutibile tempismo dell’annuncio a ridosso delle europee. «La paura ci porterà voti?». È il dubbio assillante confessato da alcuni dirigenti socialdemocratici; per il resto sembrano aver sposato pienamente la riduzione della Germania a trincea del “mondo libero” dopo che Scholz ha tracciato (per la prima volta esplicitamente) il nuovo binario dei «valori occidentali» su cui d’ora in poi si muoverà la Locomotiva.

Anche se sotto il profilo strettamente militare la prima potenza economica europea resta scassata oltre le peggiori immaginazioni. Il Financial Times ha fotografato lo stato sempre più pietoso delle forze armate tedesche nonostante il colossale investimento di 100 miliardi di euro del fondo varato da Scholz. «Oggi stanno messe in condizioni peggiori di prima dell’invasione russa dell’Ucraina» per colpa della guerra d’attrito che prima ha drenato verso Kiev gli ammuffiti blindati ereditati dalla Ddr, poi le versioni obsolete dei tank Leopard-2 e infine ha preteso i pochi e costosi sistemi di ultima generazione vitali per qualunque esercito.

«Esattamente per questo motivo ora dobbiamo accelerare il programma di riarmo» chiosa il ministro Spd della Difesa, Boris Pistorius immortalato sullo scafo di un carro armato nella fabbrica Rheinmetall insieme al cancelliere Scholz. Sembra una gara fra leader o almeno così deve averla intesa il ministro delle Finanze, Christian Lindner, segretario dei liberali, rilanciando l’allarme sicurezza fino al livello massimo del terrore. «Non possiamo escludere di doverci dotare di una nostra bomba atomica. Ciascun paese deve fare la propria parte per la difesa comune» è la tesi a cui non plaude la capolista di Fdp alle europee, Marie-Agnes Strack-Zimmermann, ma solo perché non vuole che si parli dell’ombrello nucleare in pubblico per ragioni di sicurezza.

D’accordo con Lindner su tutto è invece la spitzkandidatin della Spd, Katarina Barley, convinta di dover portare avanti i colloqui più o meno riservati con la Francia per poter condividere la forza atomica di Macron «specialmente ora che l’Europa rischia con l’elezione di Trump negli Usa. Le sue dichiarazioni sulla Nato sono un invito a fare l’ombrello atomico europeo».

Nessun problema a parlare di bomba atomica neanche nella confinante Polonia dove i generali hanno appena ribadito la necessità di trasferire parte del deterrente nelle loro basi aeree. Così lontane, così vicine a Berlino, come segnala la clamorosa fine del gelo nelle relazioni diplomatiche polacco-tedesche e l’inizio della fattiva collaborazione anche in campo militare, come provano i dossier sul tavolo di Scholz e del premier di Varsavia, Donald Tusk.