La selezione politica di Roma e la scrematura tecnica di Berlino. Da una parte l’inquietante scelta del governo Meloni che decide quali naufraghi possono sbarcare dalla nave battente bandiera tedesca; dall’altra la cernita del governo Scholz certamente meno clamorosa ma che ha altrettanto zero a che fare con l’impeto umanitario: è stata letteralmente dettata dalla Confindustria.

Sono le due facce della discriminazione europea così come descritta in qualunque dizionario: «divisione in base a giudizio o classificazione», ovvero incardinata al bisogno del governo di turno. Se la priorità incarnata dal ministro dell’Interno italiano Piantedosi è impedire il più possibile l’ingresso ai migranti, la precedenza del ministro del Lavoro tedesco Hurbertus Heil è proprio l’esatto contrario: alla Germania servono almeno 400mila lavoratori stranieri – come stimato dall’Agenzia federale del Lavoro – altrimenti la Locomotiva d’Europa si ferma per davvero.

Due politiche diametralmente opposte accomunate però dal medesimo sfruttamento interessato di chi fugge dalla guerra o dalla miseria. In nome della sacra difesa dei confini nazionali, secondo il governo di destra di Giorgia Meloni, del primato del made in Germany invece per il governo del socialdemocratico Olaf Scholz.

«La Germania ha bisogno di lavoratori qualificati per continuare il proprio successo economico» sottolinea candidamente Heil senza troppi giri di parole. A sentire l’influente ministro della Spd «bisogna sicuramente puntare sulla formazione e l’aggiornamento professionale dei tedeschi, ma di base abbiamo bisogno di più immigrati qualificati. I tre partiti del governo stanno spianando la strada per raggiungere questo obiettivo».

La prova è che a Berlino da settimane è pronto il nuovo «piano di reclutamento» della manodopera straniera con i punti chiave già trasmessi agli esperti legali per le modifiche del caso. In cima alla lista la norma per abolire il cosiddetto «controllo prioritario» per gli stranieri che si iscriveranno ai corsi di formazione professionale: d’ora in poi l’Agenzia del Lavoro non dovrà più verificare nel database se – prima dell’immigrato extra-Ue – risulta un tedesco interessato al posto di lavoro o un cittadino comunitario, come prevede la legge attuale.

Fa il paio con la revisione dei criteri di riconoscimento delle qualifiche che permetterà di bypassare il problema dei titoli di studio non riconosciuti (ci saranno tre anni di tempo per equiparare diplomi tecnici e lauree) e con il finanziamento pubblico di corsi di lingue e delle spese per l’integrazione sociale, come preannunciato dal governo Scholz all’inizio dell’estate.

Insomma sarà la legge dei padroni. Da mesi l’associazione degli industriali chiedeva al governo Scholz la possibilità di selezionare i candidati in base alle caratteristiche stabilite dalla produzione. Spicca l’abbassamento delle soglie minime salariali della Carta Blu dell’Ue ma anche lo scioglimento dei lacci burocratici che tengono lontani gli immigrati super qualificati: in futuro basterà la conoscenza base di tedesco per gli specialisti del settore It, «immigrati imprescindibili» per l’economia nazionale.