Resistenza, fino all’ultimo grado di giudizio, per fermare le ruspe pronte a distruggere le loro case. «Diritti umani prima dei diritti delle miniere» è più dello slogan coniato dai tredici residenti di sei borghi della Renania che hanno deciso di «fare opposizione legale» all’espansione di Garzweiler: il più grande impianto per l’estrazione del carbone d’Europa.

«Non se ne andranno mai di loro spontanea volontà» è il messaggio affidato lunedì scorso a Dirk Tessmer, l’avvocato che li rappresenterà in tribunale, nel corso della conferenza stampa a Düsseldorf. Destinatari: il colosso energetico Rwe, proprietario della miniera, e il governo del Nordreno-Vestfalia che appoggia l’ampliamento della maxi-cava responsabile dell’inquinamento anche negli Stati confinanti.

Ben più di un granello di sabbia nel motore della storica impresa di Essen, fino all’altro ieri convinta che (come per gli altri residenti della zona) bastasse pagare per levarsi di torno gli “ostacoli” al massimo entro il 2027. Invece, la resistenza in punta di diritto rischia di trasformarsi in «un precedente giuridico per tutti gli altri casi di esproprio» secondo gli auspici dei ricorrenti, per nulla intenzionati a vendere i loro terreni dislocati tra i villaggi di Erkelenzer, Keyenberg, Kuckum, Berverath, Upper e Unterwestrich.

A maggiore ragione mentre si discute di accelerare l’uscita dal carbone (oggi fissata per il 2038) e all’apice dell’emergenza climatica che nell’ultimo Friday for future ha mobilitato ben 1,4 milioni di tedeschi. Il piano di espansione della miniera di Garzweiler è «obsoleto, dannoso per l’ambiente e anche incostituzionale» tengono a precisare i residenti. In più «essere costretti a rinunciare alla propria casa e alla città natale rappresenta una grave violazione dei diritti fondamentali delle persone» aggiunge Tessmer, codice alla mano.

La speranza, sottolinea l’avvocato, è che sia Rwe che il Nordreno-Vestfalia rinuncino all’esproprio dei terreni; in caso contrario è pronta la raffica di denunce da depositare alla Procura del Land, insieme alle barricate degli abitanti
«Resteremo nelle nostre abitazioni fino a quando l’aspetto legale non sarà chiarito definitivamente» riassume Marita Dresen, residente nel borgo di Kuckum, disposta a ricorrere fino alla Corte suprema di Karlsruhe.

Un’immagine potenzialmente devastante per l’impresa che mira a conquistare il podio dei maggiori produttori di energia pulita in Europa. Ieri a Essen l’amministratore delegato di Rwe, Martin Schmitz, ha promesso che entro il 2040 «l’azienda sarà neutrale sotto il profilo climatico».

Dichiarazione decisamente stridente con l’espansione della miniera di Garzweiler e, in buona sostanza, possibile solamente perché Rwe ha investito circa un miliardo di dollari per acquisire il leader delle energie rinnovabili “Eon” e «tra qualche mese anche le centrali elettriche verdi della precedente consociata “Innogy”» come ricorda la Süddeutsche Zeitung. Mentre in parallelo Rwe immagina di diventare il primo player mondiale nel campo dell’eolico in alto mare nell’immediato futuro.

Nell’attesa di ritinteggiarsi di verde, tuttavia, il colosso tedesco rimane tra i maggiori produttori di CO2 del continente proprio a causa dell’estrazione di lignite in Renania. Alla faccia dei proclami ecologisti «le ruspe di Rwe scavano sempre più vicino alla foresta di Hambach e ai villaggi intorno all’impianto di Garzweiler» come non si stancano di denunciare gli ambientalisti dell’Ong Bund.

Nel 2008 furono i primi a resistere a Rwe rifiutandosi di vendere un frutteto al confine con la miniera. All’epoca, vennero sgomberati a forza dalla polizia e gli alberi tutti sradicati. Per evitare un epilogo analogo i tredici “disobbedienti” hanno anche acquistato un piccolo appezzamento in comune nel villaggio di Keyenberg. «Utilizzeremo questo terreno come esempio per il tribunale: è l’unico modo per ottenere chiarezza giuridica sul nostro futuro e sulla legalità di Rwe, che sfratta le persone dalle loro case in nome del carbone mentre il mondo lotta per combattere la crisi climatica».