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Genova, il decreto è pronto, i problemi restano

Genova, il decreto è pronto, i problemi restanoUno dei due monconi del ponte Morandi a Genova

Il crollo del ponte Morandi Il governo punta a varare il decreto per la ricostruzione e per le infrastrutture entro venerdì, il giorno in cui sarà passato un mese esatto dalla tragedia. Ma resta il problema di come escludere anche dalla procedura di appalto Autostrade, che è ancora concessionaria, e soprattutto come far passare a Bruxelles l'affidamento diretto dei lavori a una società, Finmeccanica, controllata dal ministero dell'economia

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 12 settembre 2018

Entro venerdì, il giorno in cui sarà passato un mese esatto dal crollo del ponte Morandi, il governo prevede di approvare il «decreto Genova». Cosa ci sarà dentro lo ha precisato ieri il ministro Toninelli in un’audizione alla camera. La questione più delicata, vista l’enfasi con cui l’ha affrontata il Movimento 5 Stelle, è la ricostruzione del ponte. Per la quale si è già mossa a Genova un’embrione di associazione di imprese, con Fincantieri e Autostrade per l’Italia e il progetto-idea dell’architetto Piano, soluzione che però i grillini non accettano perché dal primo momento hanno detto di voler escludere Autostrade. «Sarebbe una follia consentire di ricostruire il ponte a chi giuridicamente aveva la responsabilità di non farlo crollare», ha ripetuto ancora ieri Toninelli. Annunciando in pratica che la ricostruzione sarà affidata alla sola Fincantieri, precisamente «a un soggetto a prevalente o totale partecipazione pubblica dotato di adeguate capacità tecniche come Fincantieri». Ma a due (o tre) giorni dal varo previsto del decreto, la soluzione tecnica perché possa andare veramente così non è stata ancora trovata. Tant’è che il ministero delle infrastrutture era ancora ieri impegnato in un confronto con la Commissione europea a Bruxelles, per strappare il via libera all’affidamento diretto.

Ci sono due ordini di problemi. Il primo è che le regole europee e nazionali (il codice degli appalti) impongono che i lavori vengano assegnati con una gara europea. Superare la legge italiana è semplice (con il decreto, appunto) ma anche convincere Bruxelles non dovrebbe essere difficile visto che «non possono esserci dubbi sul fatto che siamo di fronte a un caso straordinario ed eccezionale», come ha detto ancora Toninelli ieri. Il secondo problema è di più difficile soluzione, perché in questo caso il governo intende assegnare i lavori a chiamata diretta a un’azienda pubblica: Fincantieri è una spa le cui azioni al 72% sono in mano a Fintecna che a sua volta è controllata all’82% dal ministero dell’economia. Il Mef è tra i ministeri che firmeranno il decreto Genova, in pratica auto assegnandosi i lavori. Bruxelles potrebbe considerare la soluzione una sorta di aiuto di stato, quanto meno. Per uscirne il governo potrebbe simulare una gara, individuando una lista ristretta di soggetti con le caratteristiche giuste per poi scegliere Fincantieri. Non è la soluzione ideale, visto che da quattro settimane Di Maio e Toninelli annunciano che l’appalto andrà a Fincantieri: è ragionevole attendersi una pioggia di ricorsi nazionali e comunitari.

Anche l’obiettivo dell’esclusione totale di Autostrade dall’appalto appare ancora difficile da realizzare. Perché è vero che il governo ha avviato la procedura di revoca della concessione, ma questa è lontana dall’essere compiuta e ancora incerta, se non nell’esito almeno nel fatto che allo stato possa alla fine convenire nel caso non riuscisse a scavalcare le clausole di risarcimento. Nel frattempo dunque l’appalto per la ricostruzione dovrebbe comunque farlo Autostrade più che l’Anas – la concessionaria più che il proprietario. Forse è per questo che Toninelli e Di Maio da un paio di giorni non dicono più che la società dei Benetton deve restare fuori da tutto, ma più precisamente che non deve «toccare pietra». Cosa che del resto, come ha notato il sottosegretario leghista al Mit Rixi, non ha mai fatto direttamente. Rixi ha detto anche un’altra cosa diversa da suo ministro: «È meglio che siano più aziende a ricostruire il ponte». Sul fatto poi che Autostrade, pur restando fuori, dovrebbe «pagare» il nuovo ponte, Di Maio ha già fatto un passo indietro annunciando che «i soldi potremmo anticiparli noi (l’erario, non i 5 Stelle, ndr) e poi farceli ridare».

Nel decreto ci saranno anche norme più generali sulle infrastrutture, già anticipate nei giorni scorsi, e l’individuazione del commissario per la ricostruzione. Il M5S non vuole sia Toti, dal momento che si è mosso fin qui coinvolgendo Autostrade. Il presidente della Liguria ha però chiarito: «Io resterò comunque in carica per un anno come commissario per l’emergenza». Un altro groviglio si annuncia.

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