Europa

Gas, Ue senza tetto Sul price cap si decide a ottobre

Gas, Ue senza tetto Sul price cap si decide a ottobre

Oggi l’atteso vertice dei ministri dell’Energia. Ma sui punti fondamentali l’accordo è ancora lontano. Paletti dei "frugali"

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 9 settembre 2022

Adelante con juicio. Con molto, moltissimo giudizio: tanto da destare dubbi su quanto avanti l’Ue sia davvero in grado di spingersi sul fronte del tetto al prezzo del gas. L’atteso vertice dei ministri dell’Energia di oggi non deciderà niente. Passerà la palla alla Commissione, che presenterà la sua proposta martedì alla vigilia del discorso della presidente Ursula von der Leyen sullo stato dell’Unione e poi ai capi di Stato e di governo sulle cui spalle pesa la responsabilità della scelta finale: un Consiglio europeo informale si terrà a Praga il 6 e 7 ottobre e un vertice Ue ordinario a Bruxelles il 20 e 21 dello stesso mese.
SUI PUNTI FONDAMENTALI l’accordo è ancora lontano. I Paesi frugali del nord, guidati dall’Olanda che ha parecchi interessi in gioco, hanno fissato alcuni paletti, il principale dei quali intima di «evitare distorsioni di un mercato che funziona» ed è un vero macigno. Per quanto riguarda il tetto significa accettarlo solo per il gas russo, col che non si inciderebbe molto sui prezzi e sulla speculazione che ne determina l’impennata. Posizione secca: «Non si può imporre il prezzo a tutti in modo unilaterale».

L’Italia chiedeva invece un cap su tutto il metano importato anche se proprio Mario Draghi era stato il primo a parlare di «tetto sul gas russo», evidentemente con l’obiettivo di infrangere le resistenze in quel momento, appena un paio di settimane fa, ancora forti. Nel complesso, con una dipendenza dal gas russo scesa in pochi mesi dal 40% al 9%, il cap limitato alla Russia non inciderebbe davvero sul rialzo dei prezzi. In Italia, dove il gas russo copre ancora il 18% del fabbisogno, la misura sarebbe però comunque significativa anche se non decisiva. Peraltro anche il via libera dei nordici al Price Cap limitato al gas russo è condizionato al semaforo verde di tutti i 27 Paesi. Per ora non c’è perché Repubblica Ceca, Slovacchia e probabilmente la stessa Germania, pur se in forme più discrete, essendo più dipendenti dal gas russo temono la rappresaglia e la chiusura definitiva del Nord Stream.
Ma il paletto interviene anche su un capitolo ancora più decisivo, quello del disaccoppiamento tra il prezzo dell’energia elettrica e quello del gas. Qui il dissenso, ancora una volta soprattutto con l’Olanda, tocca proprio i fondamentali. La linea dei frugali è che «il mercato sta funzionando bene e non c’è motivo di intervenire in maniera radicale». Il problema è che secondo l’analisi di chi chiede il decoupling, a partire dall’Italia di Draghi, il mercato non sta affatto funzionando bene. Casomai l’opposto esatto. Semaforo verde, infine, sulla tassa per gli extraprofitti. Ma senza obbligo per tutti. La applichi chi vuole ma senza imposizioni: «Il nostro mercato è ultra-liberalizzato: non possiamo intervenire con un Revenue Cap», spiegano gli olandesi.

SEMBRA INVECE esserci accordo sugli altri tre punti presentati dal non-paper della Commissione: una soglia massima di profitto per le rinnovabili; una riduzione ancora da definirsi ma intorno al 5% dell’uso dell’energia nelle ore di massimo picco; l’introduzione di dinamiche di flessibilità che consentano ai singoli Stati di intervenire a sostegno delle aziende energetiche in sofferenza. Per ora i Paesi europei si attestano su una via di mezzo su un altro punto chiave: la creazione di un ente comune per l’acquisto di energia. Olanda e nordici sono d’accordo ma solo su base regionale e trattando i prezzi con i vari Paesi fornitori diversi dalla Russia senza tetto.

BISOGNERÀ ASPETTARE almeno la prossima settimana anche per il decreto italiano contro il caro bollette. Ieri il consiglio dei ministri ha aggiornato gli obiettivi di finanza pubblica sulla base di entrate maggiori pari a 6,2 miliardi. Martedì, al termine delle votazioni sul dl Aiuti bis, il Senato dovrà approvare a maggioranza qualificata la variazione di bilancio e con gli stessi tempi rapidi si muoverà la Camera. Ai 6,2 miliardi si aggiungeranno poi i “tesoretti” dei fondi non spesi e gli anticipi di spesa per arrivare a un tetto che potrebbe attestarsi sui 13 miliardi. Verranno usati per prolungare il credito di imposta all’ultimo trimestre dell’anno, per sostenere le pmi in crisi di liquidità, per gli sconti fiscali alle quote di rinnovabili. In forse invece la cig scontata, la rateizzazione delle bollette per le aziende gasivore ed energivore e il rafforzamento del bonus per le bollette.

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