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Gantz stasera lascia il gabinetto di guerra, Bibi resta al suo posto

Gantz stasera lascia il gabinetto di guerra, Bibi resta al suo postoCarri armati israeliani a Rafah – Ap

Invado avanti La mossa del leader centrista scuoterà l’esecutivo ma il premier non cambierà. Bambini uccisi a Gaza: Israele inserito nella lista nera Onu. La Knesset si riunirà dieci giorni prima delle elezioni Usa. Se si concludessero con una vittoria di Trump, per Netanyahu non ci sarebbero limiti

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 8 giugno 2024
Michele GiorgioGERUSALEMME

Dipendesse da lui, Benyamin Netanyahu penserebbe solo a due date. Il 24 luglio, in cui conta o spera di presentarsi da «vincitore» della guerra a Gaza di fronte al Congresso americano, pronto a sparare qualche bordata utile ad affondare le chanche di riconferma del suo «amico» Joe Biden e a favorire il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. E il 25 luglio, quando la Knesset andrà in vacanza e avrà tre mesi di respiro da possibili trame politiche che gli permetteranno di arrivare (quasi) indenne all’anniversario del 7 ottobre ancora sul ponte di comando. Un risultato notevole se si considera che dopo l’attacco di Hamas la sua sopravvivenza politica veniva misurata in poche settimane. «La Knesset si riunirà circa dieci giorni prima delle elezioni presidenziali americane. Se si concludessero con una vittoria di Donald Trump, per Netanyahu non ci sarebbero limiti», ha commentato il quotidiano Haaretz.

Tuttavia, il capo del governo più a destra della storia di Israele prima di ricevere gli applausi del Congresso, deve fare i conti con l’8 giugno e i suoi prevedibili scossoni. Scade oggi l’ultimatum che il ministro del gabinetto di guerra Benny Gantz gli ha dato lo scorso 18 maggio per fare scelte decisive e cambiare rotta. «Altrimenti – ammonì il leader del partito centrista Unione nazionale – usciremo dall’esecutivo». Da allora Netanyahu non ha fatto nulla di ciò che aveva indicato Gantz, anzi ha scelto di non muovere un passo allo scopo di liberarsi di un membro scomodo ed esigente del gabinetto di guerra e gradito agli Usa. Gantz aveva chiesto una guida futura per Gaza non israeliana e sollecitato Netanyahu su sei obiettivi: rilascio degli ostaggi; sconfitta di Hamas e smilitarizzare di Gaza; ritorno alle loro case al nord entro il 1° settembre dei residenti israeliani sfollati a causa della guerra di attrito in corso al confine con il Libano; riabilitazione del Negev; normalizzazione con l’Arabia saudita; leva militare per tutti gli israeliani, inclusi gli ebrei ultraortodossi (haredim). Nulla di tutto ciò è avvenuto. Non solo, la Knesset si prepara a rinnovare l’esenzione dei religiosi dal servizio militare.

Stasera farà clamore l’annuncio di Gantz. Ci saranno altre  proteste in strada, esortazioni al voto anticipato e dibattiti televisivi infuocati. Ma la caduta del governo non ci sarà a dispetto dei desideri di quella parte di israeliani che vuole liberarsi di Netanyahu. Come se il primo ministro fosse l’unico «colpevole di tutto», del 7 ottobre, della mancata liberazione degli ostaggi, della guerra a Gaza che non si riesce a vincere, della crescente ostilità internazionale – ieri Israele è finito nella «lista della vergogna» dell’Onu che include paesi e gruppi armati che commettono violenze e abusi contro i bambini – e non l’espressione di un paese che attua discriminazioni anche al suo interno e che da 57 anni pratica una dura occupazione militare negando la libertà a milioni di palestinesi.

Gantz non fa parte della maggioranza di destra estrema religiosa che è al potere in Israele e che non ha nessuna intenzione di andare a nuove elezioni. Piuttosto con la sua uscita è probabile che si sciolga il gabinetto di guerra. Netanyahu, in questo modo, placherà gli alleati di estrema destra – i ministri Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich – che non hanno mai digerito l’esclusione dall’esecutivo che decide la guerra e tornerà al gruppo ristretto di ministri che si riunisce sulle questioni di sicurezza prima di una regolare seduta del governo. Netanyahu resterà premier e sarà ancora più deciso a continuare l’offensiva di terra a Gaza e, forse, a lanciarne un’altra contro il Libano e Hezbollah.

L’attacco ad Hamas, cioè a Gaza, è la linfa che tiene in vita il governo Netanyahu. Perché la guerra ha sempre il sostegno degli israeliani, o di buona parte di essi, convinti che sia l’unica soluzione e che le condanne internazionali per i massacri dei palestinesi a Gaza siano frutto di antisemitismo e di avversione per lo Stato ebraico. Lunedì arriverà in Israele di nuovo il segretario di Stato Blinken per porre rimedio all’uscita fatta una settimana fa da Joe Biden. Il presidente da allora continua a parlare di una proposta israeliana di cessate il fuoco in tre fasi, che Hamas deve accettare, che però Netanyahu non considera sua. «Il discorso sembrava fantastico e ha fatto i titoli di molti giornali. Ma erano, come ho appreso parlando con un funzionario americano ben informato, pure sciocchezze politiche. Non c’è stata alcuna offerta rivoluzionaria o di una ‘nuova proposta globale’ da parte di Israele, il primo ministro Netanyahu e altri leader di Tel Aviv. Come avrebbero chiarito nei giorni successivi, non avevano idea di cosa stessero parlando il presidente e i suoi sempre più disperati aiutanti politici», ha commentato il giornalista Usa e premio Pulitzer Seymour Hersh nella sua newsletter.

Mentre i mediatori premono sui palestinesi affinché accettino a Gaza una tregua solo temporanea e non definitiva, come vuole Netanyahu, a Rafah i carri armati israeliani ieri sono arrivati a Izba sulla costa e si preparano ad assediare la città da ogni lato. I cecchini hanno occupato diversi edifici intrappolando le persone nelle loro case. Il fuoco delle mitragliatrici è incessante. Fonti di Gaza hanno riferito di due palestinesi uccisi a ovest di Rafah. Nel centro della Striscia, almeno 15 persone sono morte giovedì notte a causa dei bombardamenti israeliani. A Khan Younis, appena a nord di Rafah, un attacco aereo su una casa ha ucciso otto persone e ne ha ferite diverse altre, compresi bambini. Tre palestinesi sono stati uccisi a Gaza city nel secondo raid aereo in due giorni contro una scuola. Israele afferma, come per l’attacco alla scuola Unrwa di Nuseirat (almeno 35 forse 40 morti), di aver preso di mira uomini di Hamas. Almeno 36.731 palestinesi sono stati uccisi dal 7 ottobre.

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