Lavoro

Frode e finte coop, sequestro da 102 milioni a Brt e Geodis

Frode e finte coop, sequestro da 102 milioni a Brt e GeodisUno degli stabilimenti Brt – foto web

Logistica L’indagine della procura di Milano sulle multinazionali e un partner intermediario: «Caso grave, nessuna tutela»

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 15 dicembre 2022

Ai colossi della logistica di proprietà francese Brt-Bartolini e Geodis Cl Italia, e a un loro partner commerciale «intermediario» in qualità di gestore di una ventina di cooperative, ieri la procura di Milano ha disposto il sequestro di centodue milioni di euro a seguito di emissioni di fatture per operazioni giudicate inesistenti e finalizzate all’evasione dell’Iva.
A BRT-BARTOLINI sono stati sequestrati 44 milioni di euro, a Geodis 37 milioni, all’intermediario 21 milioni. La prima ha un fatturato di 1,7 miliardi di euro, 5 mila lavoratori; solo la filiale italiana della seconda ha un fatturato da 273 milioni e circa quattro mila dipendenti. Il Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano in collaborazione con il settore «Contrasto illeciti» dell’Agenzia delle Entrate, coordinati dal sostituto procuratore Paolo Storari, hanno inoltre scoperto un giro di decine di società cooperative, srl e consorzi orchestrate dal partner commerciale indagato, o da suoi prestanome, che avrebbero simulato contratti d’appalto mascherando in questo modo somministrazioni di manodopera e omettendo il versamento di una parte dei contributi dei lavoratori. Sono state eseguite diverse perquisizioni nelle province di Milano, Bologna, Firenze, Pavia e Treviso.

PER L’ACCUSA le società committenti Brt e Geodis avrebbero tratto benefici stipulando «contratti di appalto a basso costo» resi possibili da una frode di natura fiscale mirata ad «assicurare considerevoli risparmi sul costo del lavoro, esternalizzando tutte le dinamiche tipiche delle relazione industriali e determinando, di fatto, una somministrazione illecita di manodopera». La nuova inchiesta milanese sulle multinazionali della logistica segue un’altra nei confronti della controllata della poste tedesche Dhl (che ha deciso di assumere direttamente circa 1.500 precari) e quella della poste inglesi GLS che pochi giorni fa è stata segnalata per possibili «infiltrazioni ‘ndranghetiste negli appalti di movimentazione merci».

«LA CONDOTTA di carattere fraudolento da parte di Brt – sostiene la procura – dura probabilmente «dal 2016 e ha comportato ingentissimi danni all’erario». Dagli atti emerge anche che, da almeno due delle cosiddette società “filtro”, al centro del presunto schema illecito e che fornivano manodopera a Brt, sarebbero “transitati” oltre 3.100 lavoratori, «oltre il 60% della forza lavoro complessiva». Secondo la procura milanese, oltre a Brt che «può garantirsi tariffe altamente competitive appaltando manodopera», il «beneficiario» della maxi frode sarebbe il terzo soggetto coinvolto dall’inchiesta che avrebbe «drenato risorse dalle cooperative fornitrici di Brt», una delle società a lui riconducibili. L’intermediario, tra il 2014 e il 2021, avrebbe acquisito redditi per oltre 10 milioni di euro.

NELLA RICOSTRUZIONE della «filiera della manodopera» si sostiene che i rapporti di lavoro con le società committenti sono stati «schermati» da «società filtro» che, a loro volta, si sono avvalse di diverse società cooperative (definite «società serbatoio»). In altri casi «si sono avvicendate nel tempo, trasferendo la manodopera dall’una all’altra, omettendo sistematicamente il versamento dell’Iva e, nella maggior parte dei casi, degli oneri di natura previdenziale e assistenziale». «L’inchiesta acceleri l’internalizzazione e la riunificazione delle attività in appalto della logistica a partire dal trasporto e dalla movimentazione delle merci – auspicano Filt Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti – Bisogna riunire l’intera filiera della logistica»

DALL’INDAGINE emerge un aspetto della gigantesca questione sociale denunciata nell’ultimo decennio in primo luogo dai sindacati di base nella logistica, cioè l’uso strumentale della forma cooperativa, della contrattazione collettiva e della rappresentanza sindacale, oltre che dell’orario di lavoro, delle paghe e della gestione della manodopera spesso di origine straniera. «Non c’era nessuna tutela per i lavoratori “costretti” a passare da una cooperativa all’altra pena la perdita del posto di lavoro» sostengono gli inquirenti.

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