Crisi diplomatica con Ankara, a rischio l’accordo sui migranti
Tensioni elettorali La Turchia minaccia Bruxelles dopo il no ai comizi di due ministri turchi in Olanda. Meeting negati anche da alcune città tedesche e dall'Austria, mentre in Francia non ci sono stati ostacoli. Ue e Nato cercano di calmare il clima. Erdogan attacca ancora la Germania: «Sostiene i terroristi»
Tensioni elettorali La Turchia minaccia Bruxelles dopo il no ai comizi di due ministri turchi in Olanda. Meeting negati anche da alcune città tedesche e dall'Austria, mentre in Francia non ci sono stati ostacoli. Ue e Nato cercano di calmare il clima. Erdogan attacca ancora la Germania: «Sostiene i terroristi»
La Turchia alza la voce contro la Ue in un’escalation. Il presidente Erdogan ieri sera ha accusato Angela Merkel di «sostenere i terroristi». Qualche ora prima, aveva mandato avanti il ministro degli Affari europei, Omer Celik, per minacciare gli europei di un «riesame» dell’accordo sui rifugiati siriani, che la Ue ha concluso con la Turchia un anno fa, un subappalto europeo gestito da Ankara in cambio di un finanziamento.
Ankara vieta il rientro dell’ambasciatore olandese e vieta lo spazio aerei a tutti i diplomatici dei Paesi bassi.
L’escalation turca fa seguito a ore di forte tensione diplomatica con alcuni paesi Ue – Olanda, Germania e Austria – che ha causato divisione nell’Unione. Il governo olandese, nell’imminenza delle legislative di domani 15 marzo, ha impedito l’atterraggio dell’aereo del ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu, e riportato alla frontiera la ministra della Famiglia (entrambi volevano parlare a dei comizi pro Erdogan in vista del referendum turco del 16 aprile). I due ministri – ha annunciato Erdogan – si appelleranno alla Corte europea dei diritti umani per il trattamento ricevuto.
In Germania alcuni comuni hanno annullato dei meeting pro-Erdogan e in Austria sono state proibite quattro riunioni (una anche in Svizzera). La Francia ha autorizzato un incontro a Metz, previsto da tempo. Per il ministro degli Esteri, Jean-Marc Ayrault, «in assenza di minacce comprovate all’ordine pubblico, non c’erano ragioni per proibire questa riunione», domenica 12 marzo nella capitale della Lorena. Anche la Francia è in campagna elettorale, così destra e estrema destra hanno attaccato il governo.
Per François Fillon (candidato Républicains), Hollande sarebbe venuto meno «in modo flagrante alla solidarietà europea». La Danimarca solidarizza con i vicini: il premier Lars Lokke Rasmussen ha chiesto al collega turco Binali Yildrim di posticipare la visita a Copenhagen prevista a fine marzo per via degli «attacchi» all’Olanda.
A Bruxelles, un comunicato di mrs. Pesc, Federica Mogherini, firmato assieme al commissario alle politiche di vicinato, Johannes Hahn, ha cercato di calmare la situazione, invitando a evitare «l’escalation». Di fronte alle accuse di «nazismo» e di «fascismo» rivolte da Ankara a tedeschi e olandesi e alle minacce di «far pagare le conseguenze» all’Aja, la Ue chiede alla Turchia di «evitare ogni dichiarazione eccessiva», oltre ad «azioni che rischierebbero di esacerbare ancora la situazione». Mogherini ricorda che la decisione di permettere o meno dei comizi elettorali stranieri «riguarda gli stati membri», in conformità con il diritto internazionale e quello nazionale. Ma mrs. Pesc afferma di aver «preso nota» delle conclusioni del Consiglio d’Europa (istituzione intergovernativa nata nel ’49, che comprende 47 stati e difende i diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto), dove sono espresse «serie inquietudini» sulla riforma proposta da Erdogan, che propone un «eccessivo concentramento dei poteri» e che avrà «effetti gravi sui necessari contrappesi e sull’indipendenza della giustizia».
Reazioni anche alla Nato, organizzazione a cui appartiene anche la Turchia. Il segretario generale, Jens Stoltenberg, ha invitato tutti al «mutuo rispetto» e ha ricordato che «lavoriamo con la Turchia per opporci alle violenze in Siria e in Iraq» e che «la coalizione contro l’Isis è al centro dei nostri interessi».
Le relazioni tra la Ue e la Turchia sono sempre più tese. Già nel 2016, come conseguenza alla feroce repressione e agli arresti che hanno fatto seguito al fallito «colpo di stato» dell’estate, il Parlamento europeo aveva chiesto il «congelamento» dei negoziati di adesione, avviati in seguito alla domanda turca dell’87.
Questi negoziati sono in corso dal 2005 e sono già stati sospesi a varie riprese. L’ultimo capitolo aperto è stato il numero 33. Dal 1963 la Turchia ha un accordo di associazione con Bruxelles e nel ’95 è stato firmato un accordo doganale.
La reazione del governo olandese di proibire i comizi tra gli immigrati turchi con la presenza di ministri di Erdogan si spiega con motivi ben precisi di politica interna: Geert Wilders (estrema destra) aveva lasciato il partito liberale del premier Mark Rutte nel 2004 proprio sulla questione turca, dopo l’approvazione in via di principio da parte di questo partito del processo di adesione della Turchia alla Ue. In Germania, le decisioni di annullare i comizi sono state prese a livello comunale (come ad Amburgo), mentre Angela Merkel è rimasta prudente, a causa dell’accordo sui rifugiati, tanto voluto dalla cancelliera e anche perché un sondaggio dice che un’importante maggioranza di tedeschi (62%) rifiuta di rispondere in modo troppo violento alle provocazioni turche. In Francia, la presenza di immigrati turchi è meno importante che in Olanda, Germania o Austria.
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