Firenze, sciopero dei rider: basta con il lavoro a cottimo
In mobilitazione La protesta promossa dai sindacati dopo la morte del fattorino Sebastian Galassi. Le testimonianze degli sfruttati. Il tavolo con Assodelivery fermo da mesi
In mobilitazione La protesta promossa dai sindacati dopo la morte del fattorino Sebastian Galassi. Le testimonianze degli sfruttati. Il tavolo con Assodelivery fermo da mesi
Quelli tutelati da un contratto di lavoro da Just Et e da Runner Pizza in genere hanno scioperato, gli pseudo autonomi pagati a cottimo dalle altre catene del food delivery no, a parte alcune eccezioni. Questa l’impressione data all’ora di pranzo e nel primo pomeriggio dai rider fiorentini, che negli abituali punti di raccolta delle ordinazioni, piazza Stazione in primis dove in un fazzoletto ci sono due Mc Donald’s e un Burger King, sono stati meno del solito, così come nelle vie del centro e nella cerchia dei viali. Per capire se lo sciopero ha inciso sugli affari ci vorranno i dati serali, nelle ore di punta delle ordinazioni e delle consegne.
ILARIA LANI, Nidil Cgil, cerca comunque di trarre un primo bilancio: «Secondo noi l’agitazione sta andando bene, tenendo conto che il 90% dei rider sono migranti con la quotidiana necessità di guadagnare qualche decina di euro. Loro sanno bene che una giornata di non-lavoro viene subito registrata dall’algoritmo, che li penalizzerà nelle ordinazioni dei giorni seguenti. Per questo è necessario riaprire il tavolo con le aziende che aderiscono ad Assodelivery, che in due anni di trattative hanno fatto qualche apertura sulle dotazioni di sicurezza e le assicurazioni, ma continuano a far muro sull’inquadramento professionale dei rider».
ANCHE LANI è in piazza Sant’Ambrogio alle sei del pomeriggio, dove è stato indetto un presidio dalla Camera del lavoro per ricordare Sebastian Galassi, 26 anni, rider morto in un incidente stradale lo scorso fine settimana, e a cui Glovo, che poi si è scusata, ha disattivato in automatico l’account «per mancato rispetto di termini e condizioni». Sulla scalinata della chiesa lo striscione bianco con scritto «Non si può morire per una consegna» è accompagnato dai cubi portavivande di Glovo e Deliveroo, le due multinazionali più riottose ad aprire a un modello contrattuale per i fattorini. «La mia vita vale più di un panino», c’è scritto su un cubo, e sugli altri viene ribadito il concetto: «La nostra vita vale più dei vostri profitti», «Basta cottimo».
UNA VENTINA DI RIDER sono arrivati in piazza, alcuni di loro prendono la parola: «La vita del rider è questa, siamo dominati da un algoritmo – spiega Andrea con indosso il giubbotto di Deliveroo – anch’io come Sebastian faccio questo lavoro per essere indipendente, ma è evidente che il modello che impone di essere sempre più veloci nelle consegne non è sostenibile».
Ad ascoltare c’è Gulshea, 29 anni, pakistano, che in inglese ribadisce il concetto: «Se non vai veloce, sei penalizzato. Ma per molti di noi non c’è un’alternativa a questo lavoro, se si vuole cercare di migliorare la propria esistenza». Mentre Federico non fa sconti all’intero sistema: «Ci vogliono come pupazzetti, e anche le attività commerciali e gli stessi clienti finiscono per diventare complici di questo stato di cose».
I MASSICCI INVESTIMENTI pubblicitari da parte delle multinazionali del settore sono un altro fattore che stride terribilmente, rispetto alla quotidianità di un lavoro stressante, pericoloso e pagato con un cottimo di tre, al massimo quattro euro a consegna. I segretari confederali Tania Scacchetti, Tiziana Bocchi e Giulio Romani lo evidenziano: «Tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, lavoro dignitoso e contrattualizzato non possono essere considerati privilegi. Dei ciclofattorini si parla tanto, ma per molti la realtà di tutti i giorni è ancora il cottimo. Non è accettabile, le aziende aprano un confronto serio».
IN PIAZZA Sant’Ambrogio si notano gli assessori comunali Giorgio e Albanese, e i consiglieri della sinistra Antonella Bundu e Dmitrij Palagi: «Non sono solo le multinazionali a sfruttare – rileva Palagi – c’è un’intera fascia di popolazione che ogni giorno deve correre per restare a galla, fra affitti altissimi e reti di protezione sociale sempre più deboli». «L’ultimo incontro con Assodelivery è stato a luglio – chiude il segretario Cgil Bernardo Marasco – ed è finito con un nulla di fatto. Un intervento legislativo come è accaduto in Spagna, dove Glovo deve pagare 79 milioni perché i suoi rider sono stati considerati lavoratori dipendenti? Certo, è sempre più necessario. Ma chi lo propone?».
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