Dodicesima giornata di cortei, azioni e scioperi contro la riforma delle pensioni, ieri, in attesa del parere, oggi, del Consiglio Costituzionale sul testo di legge, approvato al Senato ma passato all’Assemblée nationale con la forzatura del ricorso all’articolo 49.3, con un voto negativo sulla sfiducia al governo. La mobilitazione è un po’ in calo in questa giornata intermediaria, ma la determinazione a combattere il passaggio da 62 a 64 anni per la pensione resta forte in tutto il paese.

SI CONFERMA LA PRESENZA dei giovani, liceali e universitari, organizzati in nuove strutture come Révolution permanente e Poing Levé, che hanno gonfiato i cortei dopo il ricorso al 49.3, allargando le ragioni della protesta, che ormai va ben al di là delle pensioni, ma riguarda la questione democratica, oltre alle inquietudini sull’inflazione, le condizioni del lavoro, il precariato giovanile, la sequenza di modifiche nei percorsi scolastici e nell’accesso agli studi superiori.

Anche azioni puntuali ieri, blocchi stradali e ferroviari in provincia, tentativi di impedire la circolazione di camion-pattumiera. Ci sono stati momenti di tensione a Rennes, Nantes, Lione, a Parigi è stata invasa per un momento al 22 dell’Avenue Montaigne la sede di Lvmh, il re del lusso di proprietà di Bernard Arnault, l’uomo più ricco del mondo secondo Forbes: «Siamo qui simbolicamente e pacificamente – ha spiegato un manifestante – per dare al governo l’idea di prendere i soldi dalle tasche dei miliardari». Qualche tensione e dei fermi, denunciati dai manifestanti, nelle vicinanze della sede del Consiglio Costituzionale, in rue de Montpensier, accanto alla Comédie Française, ben difesa da file di poliziotti, perché non lontano dal percorso del corteo parigino che si è dispiegato nel pomeriggio dall’Opéra a Bastille.

OGGI È ATTESO IL PARERE dei nove saggi del Consiglio Costituzionale, nominati per nove anni dai presidenti della Repubblica e da quelli di Senato e Assemblée nationale. Non necessariamente dei giuristi, quindi. Si tratta di personalità politiche, tutte di più di 60 anni, tra loro c’è anche l’ex primo ministro Alain Juppé, che nel 1995, dopo il «grande sciopero» – il paese paralizzato per quasi un mese – aveva dovuto ritirare la sua riforma delle pensioni, impopolare come quella attuale. Il presidente del Consiglio Costituzionale è Laurent Fabius, ex primo ministro socialista. Oltre al giudizio sulla costituzionalità dei 20 articoli della riforma delle pensioni – alcuni potrebbero essere bocciati, è l’opinione prevalente della vigilia – i saggi devono pronunciarsi anche sulla domanda di Rip (referendum di iniziativa condivisa) presentato da 252 parlamentari di sinistra e di centro il 20 marzo, in seguito al ricorso al 49.3 da parte della prima ministra, Elisabeth Borne. Nel caso di via libera di rue Montpensier, ci sarebbero 9 mesi per raccogliere 4,8 milioni di firme di elettori (il 10% del corpo elettorale) per poter indire un referendum sul passaggio ai 64 anni, un voto che potrebbe aver luogo nell’estate del 2024. Si aprirebbe la questione dell’applicazione della legge in caso di convalida della procedura per arrivare al referendum.

IERI, LAURENT BERGER della Cfdt ha chiesto a Macron «un periodo di decenza» nell’applicazione della legge e ha proposto «una via d’uscita» con il ricorso all’articolo 10, che permette di proporre al parlamento una nuova deliberazione. La lotta sindacale è «lungi dall’essere finita» ha affermato Berger, che attende «le grandi manifestazioni del 1° maggio». Per Sophie Binet della Cgt, «contrariamente a quello che pensa il governo», la mobilitazione non si placherà: «Contiamo sulla saggezza dei giudici, non potrà governare il paese fino a quando non ritira la legge».

Marcron ha proposto un incontro ai sindacati dopo il parere del Consiglio Costituzionale, per parlare «del dopo», del lavoro. «Fuori tema» per Binet. Nessuna organizzazione intende cedere: prima ci vuole il ritiro. Macron potrebbe decidere di non applicare la legge, suggerisce Frédéric Souillot di Fo. «Se non abbiamo al minimo il via libera al Rip – avverte Cyril Chabanier della moderata confederazione cristiana Cftc – allora la rabbia sociale sarà forte». I sindacati e varie organizzazioni hanno organizzato delle collette per permettere ai lavoratori di scioperare: su Internet, Leetchi ha organizzato 149 collette e sono stati raccolti 1,6 milioni di euro, un record.