Maria Sole, Isabella, Federica, Davide: non sono criminali, sono genitori. Lo rivendicano con il disappunto che si deve davanti ad un’idea balzana, quella del governo Meloni di rendere la Gestazione per altri non solo illegale in Italia (come è già per via della legge 40) ma anche un «reato universale». Sono arrivati a Montecitorio – mentre in Aula stava per aprirsi il dibattito generale sulla proposta di legge Varchi (Fd’I) che rende perseguibile il reato di surrogazione di maternità commesso all’estero da cittadino italiano – per un walk around attorno alla Camera vietato dalla norma sopravvissuta all’emergenza Covid che ancora proibisce manifestazioni davanti al Parlamento. Sono donne nate senza utero o con problemi di salute che impediscono loro di avere una gravidanza, o sono membri di famiglie omogenitoriali che percepiscono la furia proibizionista della destra come un attacco preciso alle famiglie arcobaleno, che in Italia non possono adottare bambini. E non possono neppure vedersi riconoscere come genitori dei loro stessi figli, nati dal proprio partner all’interno di un progetto familiare, come testimonia la decisione presa ieri dalla Procura di Padova che ha impugnato gli oltre 30 atti di nascita di figli di coppie dello stesso sesso registrati dal 2017 a oggi dal sindaco Sergio Giordani, per cancellare il “genitore 2” dallo stato di famiglia di quei bimbi, discriminati così di fatto rispetto agli altri. Il più antico di quegli atti di nascita padovani è già stato annullato.

«VA CONTRO LE LEGGI, e i pronunciamenti della Cassazione, un atto di nascita registrato con due mamme», afferma infatti la procura di Padova diretta da Valeria Sanzari nell’atto giudiziario notificato ad una coppia di donne lesbiche con due figli, relativamente alla loro primogenita, una bambina di sei anni il cui atto di nascita è stato registrato addirittura il 30 agosto 2017. Ebbene, ora la procura chiede al Tribunale civile di cancellare il nome della madre non biologica dallo stato di famiglia e di rettificare il doppio cognome della bimba, eliminando quello della seconda mamma. «La giovane età della bambina – scrive ancora la pm Sanzari – esclude che la modifica del cognome come richiesto possa avere ripercussioni sulla sua vita sociale». Non la pensano così le due mamme, che sottolineano: «Non si tratta solo di ripercussioni sulla vita sociale. Ma ripercussioni sulla propria identità, fino a prova contraria un diritto fondamentale». Il Tribunale civile discuterà del caso l’11 novembre, ma altri ricorsi della procura sarebbero in dirittura di arrivo per tutte le famiglie omogenitoriali padovane.

IL SINDACO GIORDANI ha ribadito di essere «sereno e convinto delle scelte fatte»: «Ci sono momenti nei quali un sindaco è da solo con la sua coscienza e la Costituzione, e deve decidere nell’interesse primario di chi ha davanti, per me e ritengo per la Costituzione l’interesse di questi piccoli era quello da mettere al centro», ha detto ricordando il «vuoto legislativo gravissimo rispetto al quale il Parlamento dovrebbe legiferare», mettendo però «da parte la battaglia ideologica» per «pensare solo ai bambini». Per l’associazione Famiglie arcobaleno quello della procura di Padova è «un atto vergognoso e indegno di un Paese civile». «È incredibile – sbotta la presidente Alessia Crocini, che promette battaglia – che in una città dove per tutti questi anni nessun certificato era stato impugnato, la cosa avvenga a pochi mesi dalla circolare del Ministro dell’Interno Piantedosi ai Prefetti (che chiedeva di non registrare all’anagrafe i figli delle coppie gay, ndr)».

LA NOTIZIA PADOVANA arriva subito dopo la conclusione del dibattito in Aula sulla «maternità surrogata», che tutto è tranne una modernità, pratica antica come il mondo. Per le destre invece va considerata reato da perseguitare anche se commesso in Stati dove è legale. Anche a costo di violare i trattati internazionali. Eppure nella proposta, che riforma con un unico articolo la legge 40, il reato rimane punito esattamente come prima, con una pena da tre mesi a due anni e con una multa fino a un milione di euro. Non una gran cosa, per un reato universale.

RICCARDO MAGI, segretario di +Europa e relatore di minoranza della Pdl Varchi, mette così insieme i due fatti del giorno: «Ecco cosa produce l’omofobia di Stato di questo governo – scrive in una nota insieme ad Emma Bonino, a commento della decisione della procura di Padova – e di un ministro come Piantedosi che passa sopra i corpi e i sentimenti dei bambini e delle loro famiglie per imporre un unico modello di famiglia. Come si fa ancora a sostenere che non c’è la volontà di discriminare questi bambini?». In Aula alla Camera lo aveva sostenuto per prima la relatrice di maggioranza Maria Carolina Varchi, portando come prova provata il fatto che «la legge non è mai retroattiva». «Quindi nessuna discriminazione», ha assicurato Varchi. Magi – che ha depositato una pregiudiziale di costituzionalità sulla Pdl, e alla Camera anche una legge messa a punto dall’associazione Luca Coscioni per la legalizzazione della Gpa – le ha fatto notare che in Italia ci sono ragazzi ormai adolescenti nati con quella tecnica che saranno bollati, insieme a tutti quelli che nasceranno, come «figli di un crimine universale. Scusate se è poco».

NEL DIBATTITO IN AULA c’è anche chi, come Laura Zanella (Avs), boccia la Pdl benché contrarissima alla Gpa (si dilunga nella descrizione dello sviluppo della «creatura nel grembo materno», e parla di «mercato rampante della produzione artificiale della vita»), poi annuncia emendamenti per permettere «anche alle coppie lesbiche la fecondazione eterologa». Per l’ex presidente della Camera Laura Boldrini, tutto questo è possibile solo nella «nazione di “Melonia”, dove le leggi sono pura propaganda».