«In questo momento c’è solo un pensiero: quello di andare avanti da parte di tutte le istituzioni italiane. E andremo avanti. L’Egitto deve darci l’elezione a domicilio delle persone che sono indagate, che sono membri della National Security egiziana e quindi noi lo pretendiamo». Il giorno dopo dell’ennesimo nulla di fatto cui la magistratura italiana si trova costretta a causa della chiusura totale delle autorità egiziane che continuano ad ostacolare le indagini sulla morte di Giulio Regeni e proteggono i quattro accusati della tortura e dell’omicidio del giovane ricercatore friulano avvenuti nel gennaio 2016, il presidente della Camera Roberto Fico promette di «non arrendersi». La sua voce va a rafforzare la posizione della famiglia Regeni che chiede a Draghi di pretendere il dovuto o altrimenti interrompere i rapporti (economici) con il Paese di Al-Sisi. Ma le istituzioni italiane fingono di non vedere quello che Amnesty International Italia insieme a Committee for Justice (CfJ), EgyptWide for Human Rights e Arci Nazionale hanno denunciato ieri in un convegno dal titolo «Egitto: impunità di Stato».

«Uno schema di morti sospette in custodia e probabili esecuzioni extragiudiziali si è sviluppato nel corso dell’ultimo decennio ad opera delle forze del Ministero dell’Interno egiziano – hanno spiegato le associazioni in difesa dei diritti umani – Le vittime sono per la maggior parte persone che al momento della loro morte in custodia o nel corso di operazioni militari e di polizia non rappresentavano un pericolo per nessuno/a». È il caso dell’economista Ayman Muhammad Ali Hadhoud, membro del partito liberale di opposizione Riforma e Sviluppo, di cui la famiglia ha appreso solo da un paio di giorni della sua morte in carcere, dove era detenuto probabilmente dal 5 febbraio scorso, giorno della sua scomparsa. Un caso che si presenta molto simile a quello di Giulio Regeni.

«L’impunità – hanno sottolineato le associazioni durante il convegno a cui ha partecipato tra gli altri anche il deputato dem Erasmo Palazzotto – costituisce un fenomeno endemico ed estremamente grave in Egitto, e contribuisce alla diffusione su larga scala di trattamenti crudeli, inumani e degradanti contro le persone private della libertà personale, dal momento che i responsabili delle violenze sanno che non subiranno conseguenze per i loro comportamenti. Rapimenti, torture, negligenza medica ed esecuzioni extragiudiziali sono diventati sempre più comuni in Egitto sotto lo stato di emergenza (2017-2021), e si verificano quotidianamente anche ora».