Economia

Felice: «Meloni torna all’austerità, l’alternativa a tagli e privatizzazioni c’è»

Felice: «Meloni torna all’austerità, l’alternativa a tagli e privatizzazioni c’è»Emanuele Felice, storico dell'economia, curatore del Festival sull'Economia critica

Intervista Emanuele Felice, storico dell'economia e curatore del Festival dell'Economia critica organizzato dalla Fondazione Feltrinelli a Milano il 4 e il 5 ottobre: "Le idee anacronistiche del governo in un’Europa dove la democrazia soffoca. L’economia è anche una scienza che può aiutare gli oppressi contro gli oppressori". Gli incontri del festival sono anche online

Pubblicato circa 23 ore faEdizione del 3 ottobre 2024

La Fondazione Feltrinelli organizza da domani la prima edizione del «Festival dell’economia critica» a Milano. Con Emanuele Felice, docente di storia dell’economia allo Iulm di Milano, e curatore del festival, abbiamo convenuto che un’economia è critica quando si esprime attraverso la critica dell’attualità politica.

Emanuele Felice oggi, per esempio, il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti esporrà il Piano strutturale di bilancio e la manovra in parlamento. Hanno ragione i sindacati a sostenere che questo piano imporrà sette anni di austerità?
Questo piano è il frutto di un accordo con l’Unione Europea sottoscritto dal governo Meloni. Applica un’idea sbagliata e anacronistica di politica economica. In sostanza si continua a perseguire l’austerità mentre avremo bisogno di investimenti. Lo ha capito anche Draghi, benché sul merito di diverse proposte del suo piano sulla «competitività» io non sia d’accordo. Tutta l’Europa è prigioniera di una gabbia che blocca perfino l’economia tedesca e ha messo in crisi la democrazia.

La legge di bilancio applicherà le nuove regole del patto di stabilità europeo. Si parla di tagli alla spesa, privatizzazioni, aumento dell’avanzo primario di bilancio per rilanciare la crescita. Non sono le stesse idee che hanno portato al disastro di 15 anni fa?
Che l’avanzo primario possa rilanciare la crescita è un’idea smentita dalla storia. Dal 1991 al 2019, salvo un solo anno, l’Italia ha sempre avuto un avanzo primario: eppure proprio allora è iniziato il nostro declino. La ricerca è stata sottofinanziata, l’amministrazione è stata fermata, i salari sono stati bloccati. Sono idee vecchie.

Il caos che ha bloccato ieri la rete ferroviaria potrebbe essere usato per giustificare la privatizzazione di cui parla il governo Meloni. È una soluzione?
No. In Inghilterra la privatizzazione delle ferrovie è stato un dramma tanto è vero che vogliono rinazionalizzare. In Italia Giolitti le nazionalizzò nel 1905 e il servizio migliorò. Il problema della debolezza della rete si risolve investendo sulle infrastrutture e sul personale.

Oppure costruendo il Ponte di Messina?
Nel Sud mancano infrastrutture fondamentali, a cominciare dalle reti idriche. Che Salvini voglia risolvere il disastro partendo dalla testa, e dalla cosa più lunga e costosa, mi pare pericolosamente donchisciottesco.

Oxfam che parteciperà al festival ha sostenuto che dalla tassazione dei grandi patrimoni si otterrebbero 16 miliardi all’anno in più. Perché tutti parlano di allargare la base imponibile e invece si fanno condoni?
Perché fa comodo all’interesse elettorale di breve periodo. Il problema è che nell’ultimo mezzo secolo la sinistra ha perso su questo una battaglia culturale davvero cruciale: non siamo riusciti a fare accettare la legittimità di un aumento della tassazione per una minoranza di privilegiati a beneficio dei molti.

Guerra e capitalismo è un altro tema del festival. Cosa può dire un’economia critica rispetto alla richiesta della Nato di aumentare la spesa militare al 2% del Pil e all’idea di Draghi di finanziarla con il debito comune europeo?
Dietro le guerre ci sono interessi economici. L’economia critica sa che la guerra non è un accidente che capita per disgrazia. La competizione commerciale iniziata con Trump ha favorito la competizione geopolitica che oggi porta all’aumento della spesa militare. Si sta ripensando la globalizzazione nel modo sbagliato. Va limitata quella finanziaria per ridare agli Stati e alla politica il potere di tassare, spendere e redistribuire la ricchezza. Ma la globalizzazione commerciale, che ha portato oltre un miliardo di persone fuori dalla povertà, andrebbe salvata: invece di imporre dazi, bisogna fare politiche contro le disuguaglianze tassando la finanza speculativa e le grandi ricchezze.

La redazione consiglia:
Con la lotta Gkn ritorna il sole

Nel festival interverrà anche l’ex GKN che cerca di coniugare la giustizia sociale e del lavoro con quella climatica. Perché i liberal-liberisti alla Macron preferiscono opzioni autoritarie e non scelgono quelle social-ecologiste?
Perché prevale il desiderio di mantenere i privilegi economici esistenti. E per farlo si è disposti a mettere in crisi la democrazia. Von Mises, uno dei padri del pensiero neoliberale, sosteneva il fascista Dollfuss in Austria contro i socialdemocratici. I neoliberali fecero lo stesso con Pinochet. Il pensiero liberale si suicida quando rinnega i valori di fondo dei diritti dell’uomo.
Voi parlate del «potere dei profitti» contro il «potere di cambiare». Nel senso che l’economia capitalista è quella «scienza triste» che impedisce di formare il potere che cambia?
Noi siamo convinti che il pensiero critico possa ribaltare il paradigma neoliberale che rafforza il potere dei profitti a scapito dei diritti, della democrazia, dell’ambiente. L’economia non è solo Cernobbio, non è fatta solo dai grandi miliardari, non serve solo agli interessi dei più forti. Può essere usata in maniera opposta, dipende dalle forze sociali e dalle battaglie anche culturali che la sostengono. In Italia siamo particolarmente indietro nel tornare a pensare l’economia come una scienza che può aiutare la lotta degli oppressi contro gli oppressori.

 

**Il festival è anche online

Il potere del profitto o il potere di cambiare? Questo è il titolo della prima edizione del festival dell’economia critica che si terrà domani e dopodomani alla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli in Viale Pasubio 5 a Milano. Curato dall’economista Emanuele Felice al festival interverranno, tra gli altri, Roberta Carlini, Elena Granaglia, Mikhail Maslennikov, Carlotta Cossutta, Dario Salvetti, Luigi Malabarba, Massimo Alberti, Laura Pennacchi, Mario Ricciardi, Filippo Barbera, Emiliano Brancaccio, Andrea Roventini, Fabrizio Barca, Nadia Urbinati, Matteo Jessoula, Yanis Varoufakis, Clara E. Mattei, Emmanuel Todd, Marco D’Eramo. Gli archivi di Fondazione Feltrinelli saranno aperti al pubblico con un’esposizione di una selezione di fonti e documenti. Sono previste visite guidate a uno dei fondi più importanti della storia del movimento operaio italiano e internazionale. Il programma del festival, e le prenotazioni agli incontri, sono sul sito fondazionefeltrinelli.it. I lavori possono essere seguiti anche sui canali social della fondazione.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento