Economia

Basta un chiodo per non fare arrivare i treni sotto Salvini

Basta un chiodo per non fare arrivare i treni sotto SalviniGli schermi delle partenze e degli arrivi a Roma Termini – LaPresse

La storia Caos ferroviario a Roma, 100 e più treni cancellati, ritardi da 255 minuti. Dopo un’estate catastrofica, l’autunno inizia peggio. Il vicepremier ministro dei trasporti Salvini ha trovato il capro espiatorio: l’operaio che ha piantato un chiodo di notte e ha guastato un cavo. Le opposizioni: «Il ministro si dimetta»

Pubblicato 25 minuti faEdizione del 3 ottobre 2024

Dopo un’estate catastrofica, l’autunno è iniziato peggio. Prendere un treno in Italia, oltre che carissimo, è una scommessa con il caso. O con i chiodi. Basta infatti un chiodo su un cavo piantato alle tre di notte per bloccare per un giorno intero i treni della famosa seconda potenza manifatturiera d’Europa la cui produzione crolla da diciotto mesi consecutivi. L’Italia che riempie i gargarismi delle destre al potere, questo mollusco che adorna il club dei G7 che occupano le masserie pugliesi, ieri è stata messa in ginocchio dalle 6,30 del mattino. I treni cancellati sono stati oltre 100, ci sono stati ritardi fino a 255 minuti. Un ormai leggendario treno partito da Viterbo ha impiegato 5 ore per arrivare a Roma. Così un buco nero ha inghiottito i nove minuti che ci vogliono per andare da Roma Termini a Roma Tiburtina. Sono diventati ore.

E LA COLPA DEL CHIODO piantato sul cavo che manda in pezzi miliardi di investimenti nelle infrastrutture ferroviarie di chi sarebbe? Di un operaio che lavora per «una ditta privata». Così ha detto Matteo Salvini che farebbe anche il ministro dei trasporti e ieri ha raggiunto le sublimi vette del grottesco. «Ragazzi – ha detto il vicepremier leghista – allora voglio nome, cognome e codice di fiscale di chi ha rovinato la giornata a migliaia di italiani che da Nord a Sud erano fermi. Siccome chi sbaglia paga, ho chiesto di capire se ci sono responsabilità e in capo a chi sono».

IL CAPRO ESPIATORIO è stato così servito. Da ieri l’uomo più ricercato d’Italia è l’operaio che pianta chiodi di notte. Seguiranno identikit e, una volta trovato, cosa soddisferà la voglia di vendetta? Magari un nuovo decreto sicurezza: vietato toccare centraline di alimentazione di notte. Pena: favorisca il codice fiscale.

LA REALTÀ PARALLELA in cui sono precipitati i treni, e con essi decine di migliaia di persone tenute in ostaggio dal chiodo di Salvini, è iniziata quando l’amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) Gianpiero Strisciuglio ha escluso l’esistenza di un «attacco hacker». In effetti, basta un chiodo. «È stato un guasto raro – ha aggiunto Strisciuglio – Ha colpito la cabina elettrica che alimenta gli impianti di circolazione nei nodi di Roma. I nostri operai sono intervenuti prontamente e alle 8.30 la circolazione è stata ripristinata». In realtà, alle 19,18 di ieri sera un comunicato di Ferrovie dello Stato ha avvertito che la circolazione era ancora rallentata. Undici ore dopo da quello che è stato definito un «pronto intervento».

LA DISTOPIA FERROVIARIA era solo all’inizio. Dopo i misteriosi hacker che si sarebbero manifestati con il favore della notte, in quel perimetro lunare tra Termini e Tiburtina, si è iniziato a parlare di «presenze antropiche» che si aggiravano sospette, fuori dagli schermi, per sabotare. E subito si è pensato a quei cattivoni della «galassia antagonista» che manifesteranno comunque il 5 ottobre. A quel punto qualcuno avrà pensato che il colmo del ridicolo non era stato raggiunto. Era Salvini. Il ritardo con il quale è giunta l’ideona si spiega con il fatto che il ministro era impegnato a fare gli auguri ai nonni su X. Ecco perché la pista del chiodo è arrivata dopo gli hacker e gli antagonisti. I commenti al post di Salvini sono esilaranti. La satira dei comici non fa ridere. È stata sostituita dalla realtà.

«SALVINI VUOLE NOME e cognome del responsabile? Scriva il suo». Il ministro «non si occupa di fare funzionare le ferrovie, pensa solo a come venderle» è stato detto, tra l’altro, dalle opposizioni che hanno chiesto le dimissioni di Salvini e dei vertici di Rfi. Quest’ultima ha promesso di «prendere provvedimenti – anche di tipo contrattuale – nei confronti di tutti i soggetti che hanno commesso errori o non sono stati all’altezza della situazione». Rfi si considera una «grande azienda» che «non accetta che questo accada». Dovrebbe riprendersi dallo smacco prodotto dai suoi mancati controlli. Nel frattempo è bene ricordare i dati della relazione dell’autorità per la regolazione dei trasporti. Durante il mandato di Salvini sono state 10 mila le interruzioni della linee ferroviaria e la loro durata è aumentata negli ultimi due anni.

I SINDACATI Filt-Cgil e Fit-Cisl hanno evidenziato almeno tre motivi che contribuiscono a ridurre la rete ferroviaria a una groviera: l’esternalizzazione della manutenzione che ha peggiorato i problemi strutturali, la parcellizzazione dei modelli organizzativi che possono portare ai guai di ieri, la mancata tutela dei ferrovieri che aspettano il rinnovo del contratto scaduto dal 31 dicembre scorso.

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