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Farsi da parte se perde? Trump non dà garanzie

Farsi da parte se perde? Trump non dà garanzieDonald Trump – LaPresse

Stati uniti Il piano dell'attuale presidente: contestare il voto in caso di sconfitta, portarlo davanti alla Corte suprema e farsi assegnare la vittoria. Per realizzarlo ha bisogno di sostituire subito la giudice appena scomparsa Ruth Bader Ginsburg

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 25 settembre 2020

I giornalisti continuano a chiederglielo e Trump continua a essere poco rassicurante: in caso di sconfitta elettorale non si impegna a farsi da parte e a garantire una transizione pacifica dei poteri. Il primo a sollevare lo spauracchio di uno scenario di questo tipo era stato, due anni fa durante il processo che lo vedeva imputato, il suo ex avvocato personale, Michael Cohen. L’ipotesi non è mai stata smentita da Trump che in una conferenza stampa ha nuovamente ribadito: «Dovremo vedere cosa succede».

Dopo l’affermazione sibillina The Donald è tornato ad attaccare il voto per posta, che si preannuncia come l’elemento cardine della sua battaglia per contestare l’esito delle elezioni, nonostante sia una pratica consolidata a cui Trump stesso fa ricorso.

Il piano abbastanza palese del tycoon è ricreare una situazione come quella affrontata da Al Gore e Bush jr nel 2000, il cui caso è stato fatto decidere dalla Corte Suprema, motivo per cui Trump vuole annunciare la nomina di un nuovo giudice conservatore e fedele alla sua linea già domani, a sostituzione della liberal Ruth Bader Ginsburg.

Lo sfidante democratico Joe Biden ha preferito sminuire la portata delle affermazioni del presidente in carica: «Lui dice le cose più irrazionali. Non so cosa dire, ma non mi sorprende». Se il candidato Biden può permettersi di approcciarsi a questa sparata di Trump come a un granello di polvere sulla giacca, non può fare altrettanto il capo della maggioranza Gop al Senato, Mitch McConnell, che ha insistito sul fatto che ci sarà una transizione post-elettorale «ordinata» e che, indipendentemente da chi vincerà le presidenziali del 3 novembre, il 20 gennaio ci sarà un insediamento pacifico, «proprio come è avvenuto ogni quattro anni dal 1792».

McConnell è uomo di partito – pur di fare avanzare l’agenda repubblicana è stato disposto a digerire anche Donald Trump, da cui è distante anni luce – e sa che uno scenario di incertezza costituzionale andrebbe contro il bene del Gop, unico capo a cui McConnell riconosce dell’autorità. Dello stesso parere è anche Mitt Romney: si è detto più che pronto a sostituire RBG nonostante prassi vorrebbe che si aspetti dopo le elezioni, ma sul riconoscere la sconfitta si ferma. «La transizione pacifica del potere è fondamentale per la democrazia, senza, è la Bielorussia», ha scritto in un tweet.

Che Trump non farà docilmente le valige per tornare in una delle sue penthouse lo si evince da un qualsiasi sommario profilo psicologico del soggetto che non accetta «No» come risposta. Proprio mentre prometteva di vendere cara la pelle presidenziale, ha anche affermato che il piano della Food and Drug Administration per emanare nuovi e più rigidi standard per l’approvazione di un vaccino contro il Covid «suona come una mossa politica», e ha avvertito che la Casa Bianca potrebbe rifiutarlo.

Trump, che ha promesso un vaccino per la giornata elettorale, si dice sicuro che più che la Fda dovrebbero essere le aziende farmaceutiche a determinare al meglio quando dovrà essere reso disponibile al popolo americano.

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