La settimana si preannuncia già nera per le politiche climatiche globali. La prima notizia arriva da Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti. Il palco è quello dell’Energy Exhibition and Conference, la platea è composta dai rappresentanti delle grandi compagnie energetiche. In questo contesto il presidente della prossima conferenza negoziale delle Nazioni Unite ha esortato il settore. «Dovete mettere a tacere gli scettici» ha detto dal podio Sultan Al Jaber, che oltre a guidare Cop28 è ceo della principale azienda estrattiva emiratina. Frasi ormai di circostanza nel lessico della diplomazia climatica se non accompagnate da numeri o impegni precisi – che anche stavolta non sono arrivati. Nello stesso contesto Al Jaber ha chiesto alle corporation di investire su rinnovabili, idrogeno e Ccs, i sistemi di cattura del carbonio in atmosfera. Queste ultime due soluzioni sono particolarmente apprezzate dall’industria, ma la loro efficacia è ancora da provare.
La risposta della platea è arrivata per bocca di Haitham Al-Ghais, il kuwaitiano segretario generale dell’Opec, l’organizzazione dei Paesi produttori di petrolio. Gli appelli a smettere di investire nel fossile, ha detto, sono «controproducenti». Non solo: «600 miliardi di dollari l’anno. Questo è ciò che sarà necessario per garantire la sicurezza energetica in Europa e nel resto del mondo» ha continuato. Una posizione in controtendenza rispetto alle raccomandazioni della comunità scientifica.
Poi c’è il passato di Hoekstra, che tra il 2002 e il 2004 ha lavorato per la compagnia petrolifera Royal Dutch Shell. Audito nelle commissioni, giovedì Hoekstra affronterà il Parlamento Europeo, ma la sua nomina è molto probabile. Se otterrà il ruolo, sarà lui a guidare la delegazione europea alla Cop28 di Dubai.
Un petroliere a capo del meeting, un ex collaboratore di Shell a rappresentare il blocco di Paesi meno ostili alle politiche di transizione. L’incontro di dicembre si prospetta sempre più difficile.