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Estate romana, le bollenti note del cinema

Estate romana, le bollenti note del cinemaJean-Louis Trintignant e Vittorio Gassman in una scena del film «Il sorpasso»

Schermi Tanti i film ambientati ad agosto nella capitale. Ecco le colonne sonore indimenticabili. Come Piccioni, Rota e altri colleghi hanno sonorizzato un tempo sospeso in cui tutto è possibile. Immagina parchi, strade, fontane, piscine, ascensori, tra easy listening, blues e hot jazz

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 24 agosto 2024

Roma sinonimo di estate, con la sua incredibile struttura abitativa ed architettonica. L’estate è, infatti, spesso sinonimo della capitale e questo è diventato ben presto un riferimento per tanti registi e musicisti che hanno raccontato le loro storie estive attraverso la lente romana. Una specie di colonna sonora di summer sound ci permette, così, di ascoltare con sapori di mare le bellissime evocazioni che nel tempo sono arrivate a noi, partendo proprio da tanti capolavori del cinema.

RESPIGHI E TARANTELLA
Il primo titolo che viene in mente è Vacanze romane, opera di William Wyler del 1953 con una perfetta Audrey Hepburn e un incerto Gregory Peck. Il film si snoda per il centro storico di Roma e le musiche vennero misteriosamente affidate al francese Georges Auric, uno del Gruppo dei Sei, grande seguace di Erik Satie. Non è facile comprendere come un film di produzione americana e di compartecipazione europea avesse come riferimento musicale un compositore che non aveva un lungo rapporto con il cinema. Tant’è che in una sorta di ideale colonna sonora quella scritta da Auric mette assieme vari elementi rimandando alle Fontane di Roma di Respighi o evidenziando echi di tarantella mente nelle scene più estive – come quella girata a piazza di Spagna con Hepburn fuggiasca che mangia il gelato – la musica è sempre un po’ un pastiche poco evocativo.

Più convincente è la scena della fuga della principessa dove Auric sfodera un tema pucciniano, così come il suono funziona quando la Hepburn sale sulla motoretta e tutta la sequenza è in perfetto Auric style, ironico e mordente. Se all’inizio del film la musica non convince quando si arriva alla scena della balera sul Tevere l’invenzione di Auric colpisce per bene fra un ballabile sincopato e una rumba e con tanto di scazzottata finale. Precedentemente Luciano Emmer nel 1950 gira Domenica d’agosto con un giovanissimo Marcello Mastroianni e una stella nascente come Anna Baldini che per strane vicissitudini dopo questo film non ne volle più sapere di Cinecittà. A scrivere le musiche di questa pellicola è un romeno trapiantato a Roma Roman Vlad, maestro indiscusso della nuova musica e della post dodecafonia, Vlad al contrario di suoi illustri colleghi come Goffredo Petrassi, non disdegna di collaborare con il cinema e quello che ci lascia in questo film ha la sua caratura ambient già dai titoli di testa dove spicca una rumba.

Il film è girato tutto in una domenica romana del 7 agosto che è la Festa di S. Gaetano. Emmer tratteggia un vero affresco della bellezza della festa estiva e Vlad ci ricama sopra una serie di temi popolareschi come uno iniziale affidato a uno zufolo. Poi la lunga sequenza della spiaggia di Ostia in una alternanza sonora fatta di ballabili estivi con grande uso di rumba e cha cha cha. Il ritorno a casa nella calura del tramonto permette a Vlad di scrivere un tema molto leggero che poi si collegherà ai titoli di coda che ripropongono la rumba iniziale. Una sorta di ingenua sequenza di situazioni estive risolte nel modo migliore con uso di ballabili. Invece Angelo Francesco Lavagnino indovina benissimo quello che potrebbe essere il suono da adattare a un’ideale estate romana e lo fa già dal tema d’apertura de Lo scapolo, il film diretto nel 1955 da Antonio Pietrangeli con quel fischio che caratterizza il tema dei titoli di testa, il tutto con una leggerezza incredibile su una panoramica del centro di Roma.

La scrittura continua in un solo d’organo in chiesa con il matrimonio ed il valzer leggerissimo della festa di nozze ivi descritta. Un quartetto d’archi sottolinea la cena da scapolo di Sordi a Fontana di Trevi mentre un lieve ballabile si ascolta nella scena del negozio di elettrodomestici dove l’attore va a trovare colei che gli ruberà il cuore.

UNA RUMBA
Il film si conclude ancora con una rumba che ricorda i ballabili di Nino Rota mentre il fischio iniziale lo ritroviamo nella scena in cui Sordi abbandonerà la carriera di scapolo sposandosi in chiesa.
Prima di lasciarci il film più iconico film della Roma estiva quale è Il sorpasso, Dino Risi dirige nel 1960 Un amore a Roma con un ispiratissimo Carlo Rustichelli che tratteggia due temi. Il film girato interamente a Roma in un principio d’estate (il romanzo di Ercole Patti da cui è tratto è, invece, ambientato in autunno) ci permette di ascoltare il primo incontro fra i due protagonisti (Peter Baldwin e Mylène Demongeot) in una scena girata sotto il Palazzo del Grillo con il tema di Rustichelli che è un leggero valzer, di quelli molto cari al compositore.

La delicatezza della narrazione e quel principio d’estate diventa non solo comprensibile ma è addirittura forte l’idea dei primi caldi romani. Un piccolo capolavoro. Le cose cambiano con Accattone (1961) di Pasolini dove già i titoli di testa con la musica di Johann Sebastian Bach lasciano spazio alle prime scene girate in una dolente estate al Pigneto dove la misera amarezza del protagonista è sorretta dalla mistica scorrevolezza delle note di Bach; da qui un suono a contrasto con l’aggressività dei protagonisti, quasi depotenziata dalla musica. Memorabile la scena con il suono delle campane che ricordano quelle di Puccini per il tuffo di Accattone nel Tevere da Castel S. Angelo. Una reale presenza sonora, che permette a Pasolini di inquadrare il caldo romano in una scatola d’ambiente sonoro come pochi.

L’ORCHESTRA
Sulla scia di Pasolini si muoverà Dino Risi quando gira nel 1962 Il sorpasso, uno dei film più iconici della dimensione estiva. Le musiche di questo lavoro sono affidate a Riz Ortolani che sfodera un cool jazz di incredibile qualità già dai titoli di testa con una vera e propria orchestra jazz alla Stan Kenton. Il tema è molto interessante perché è costruito su una continua tensione che si ravvisa soprattutto in quelle sequenze modulari che portano a una sospensione sonora. I titoli di testa sono spettacolari con Gassman che gira per le calde e vuote strade (in zona Balduina) in un deserto impressionante alla ricerca di sigarette e di un telefono pubblico.

Il film è tutta una lunga sequenza sonora dove la musica di Ortolani rimane sempre su una situazione di jazz hot sound. Nelle scene più importanti spiccano invece tante canzoni in voga al tempo (Quando quando quando, St. Tropez Twist, Guarda come dondolo ecc.).

Tra i «visionari estivi» c’è sicuramente Nino Rota che sottrae alla trama il senso del suono. È, infatti, una caratteristica di Rota quella di lasciare alla dimensione filmica una specie di iper narrazione musicale attraverso una scrittura apparentemente decadente, così come si ascolta in La domenica della buona gente, un drammone popolare diretto nel 1953 da Anton Giulio Majano che diverrà da li a poco uno dei grandi registi degli sceneggiati Rai. Nel film Rota attua proprio quella misura di sonorità apparentemente tardo romantica per creare un gradiente tematico illusorio e infatti già dai titoli di testa ascoltiamo un tema molto brahmsiano, decadente e romanticamente importante quasi a voler sottolineare senza continuità l’apparente drammaticità che Majano vuole simulare.

Abbandonata l’enfasi orchestrale, per il resto del film il compositore propone piccoli temi come quello con la chitarra e l’organo elettronico nella scena panoramica della zona del mercato romano in una domenica di inizio estate. O come il piano a manovella che si ascolta in sottofondo nel dialogo d’amore fra Sandra e Giulio sullo sfondo della linea ferroviaria nei pressi del centro. O quando riprende il tema iniziale per la scena in cui il calciatore Pieri ritrova moglie e figlia al parco di Villa Massimo, asciugando però proprio l’apporto musicale.
In questo caso Majano evoca storie che si snodano durante una estate romana e Rota conclude con la proposta di uno stornello con fisarmonica che serve a tratteggiare la notte in una prospettiva di speranzosa vita.

Anche in Delitto in pieno sole girato nel 1960 da René Clément, e tratto dal romanzo Il talento di mister Ripley di Patricia Highsmith, già dai titoli di testa su una panoramica romana troviamo i caratteri del sound rotiano, con tre temi tra cui quello mediano così solare da riportarci ad altri sound ambientali creati da Rota. In questo film la scena iniziale riporta una sorta di swing marcatamente rotiano utile a sovrapporsi alla scena girata in Via Veneto. Il caldo estive si avverte per tutto il film e nella scena di una casa assolata dopo che Delon protagonista del film ha commesso l’omicidio, la musica di Rota è vagamente leggera, e sottende una scena tensiva. Come succede in altre situazioni come quella del mercato nella quale Rota utilizza nuovamente il suono del piano a manovella; interessante anche il tema arcaico cromatico che irrompe nella scena notturna che porterà all’arrivo della polizia in una situazione sospesa e molto hot. Il senso di inquietudine è tale da rendere la sfera estiva una sorta di dimensione ansiogena. Ma è in Roma di Fellini che Rota definisce quella sua idea di hot sound.

UN FLAUTO
Sin dai titoli è forte il suono arcaico, giocato con l’uso di flauti e cimbali, in un tema sospeso, da dimensione indefinita come lo è quello quasi senza tempo che sottolinea la prima parte del film nelle strade di Trastevere in una calda estate e la musica di Rota sembra essere un antico eco di balli ad uso di orchestrina da locale; di seguito riprende la dolenza della descrizione notturna della città eterna con un tema ad uso del pianoforte per non parlare del vero hot sound costituito dalla sfilata di moda dei cardinali trapuntato da un saltellato tempo in due eseguito da un organo elettronico di quelli in voga negli anni Sessanta.

In questa musica c’è tutta la dimensione estiva di una città che vive sia dentro che fuori una sua temporalità. In Roma Rota crea un vero tentativo di hot jazz, una specie di indipendenza contestuale da quello che è il sistema filmico. In questo il compositore va ben oltre quella che è la logica compositiva applicata al cinema. In fondo quello che è dentro la ricerca di Rota è proprio una propulsione celere di suono d’ambiente, una sensazione estiva, di caldo. Tutto questo era già stato ampiamente dimostrato nella stesura de La dolce vita di Fellini dove ogni segmento sonoro trascende dall’immagine e emana una dimensione di piacevolezza distensiva. Come ad esempio succede in tutta la sequenza in cui Anita Ekberg si perde nei vicoli del centro di Roma per poi sbucare davanti alla Fontana di Trevi e scolpire nella memoria sonora e visiva la scorrevolezza della fontana. Tra il solo dell’arpa, il verso del gatto, le parole, l’estasi dell’acqua. E lì si disvela una delle scene più sonoramente sensuali della storia del cinema: «Marcello come here»…

E poi il blues talmente sintetico che si ascolta nella scena fra Marcello Mastroianni e Anouk Aimée dove il gioco dell’eco si sovrappone alla traccia musicale. E ancora l’epicità di un tema lieve che si insinua nella scena fra Alain Cuny e Mastroianni su un terrazzo estivo romano. Il tema portante di tutto il film, un eco mitologico fra Gershwin e Strawinskij traslato in una assolata o allunata Roma talmente decadente da ricordare il suono di Satie.

Tutto diventa epico nei vicoli di Roma, anche l’uso ossessivo di un blues che Rota sfodera come perfetta sinestesia nel caldo romano. Pochi e mai invadenti i suoni che si ascoltano nel film assieme ai temi musicali affidati ad un’arpa o ad un organo elettronico. È il perfetto disperdersi d’estate, una vera estasi di sensi.

Lo stesso poi succederà sempre a Roma, nell’episodio Toby Dammit, diretto da Fellini nel film collettivo Tre passi nel delirio o in Boccaccio’70 fino ad un’ improbabile scena invadente come l’interno di una sala prove romana luogo d’azione del film Prova d’orchestra. Rota con Fellini, come Morricone con Leone, riesce a dare alla musica un senso di infinito ed irreale tempo epico. Dove gli eroi sudano tanto. E a chiudere, ma non di minore importanza, Piero Piccioni con la sua recherche estiva a base di samba o valzer. In gran parte della produzione dell’artista, soprattutto in quella realizzata per Alberto Sordi, Piccioni è misticamente convincente nell’entrare così di soppiatto nella calura romana e lasciare un segno talmente fresco da essere diventato assolutamente iconico.

IL PIZZICATO

Già ne Il boom di Vittorio De Sica la sua scrittura easy jazz dà a tutto il film una sorta di colore di rilassamento emotivo. I titoli di testa con il pizzicato della chitarra elettrica e un tema stile hawaiano nel palazzo della finanziaria in Piazza dell’Esquilino diventano musiche da ambiente, alla Al Caiola.

La scena della partita di tennis al Tennis Club Parioli è sottolineata da uno di quei temi in stile one step con una dinamica assolutamente in linea con il senso easy di Piccioni. Ancora più incisivo il tema con l’hammond che entra nella panoramica dei mussoliniani palazzi di un Eur assolato. Per finire con la sequenza che porterà Sordi a privarsi dell’occhio con tutto quello che ne consegue e la musica da balera dei titoli di coda che continua a rimarcare la sintesi disumana della storia . Implacabile. Il tutto su viale dell’Oceano Atlantico sede della clinica.

In Scusi, lei è favorevole o contrario?, film diretto da Sordi nel 1966, la cifra di Piccioni accarezza sempre più l’idea di easy sound nella bellissima sequenza della piscina su una terrazza in un palazzo zona Monte Mario: qui il genio del compositore è essenziale, creando un tema a uso del coro femminile di Nora Orlandi d’assoluta leggerezza e di amabile rilassatezza. La stessa che si avverte già dai titoli di testa dove il senso del samba lascia lo spazio a una lunga sequenza romana in una scia sonora che cattura lo sguardo.
Ancora più hot (in tutti i sensi) è l’episodio L’ascensore che Luigi Comencini dirige nel trittico Le strane occasioni. Protagonista è Roma di ferragosto, le strade della Magliana e un assolato panorama in cui si staglia il palazzo nel quale si incontreranno Alberto Sordi e Stefania Sandrelli. L’intero episodio è girato in un ascensore che si blocca, i condomini sono tutti al mare e quindi nessuno può venire in aiuto.

Lentamente quello spazio angusto si trasforma in un intenso turbamento erotico estivo. Lo diventa ancora di più quando Piero Piccioni si affida a un sensuale ritmo di samba, con la musica diffusa da una radio, una Toot a Loop R 72 della Panasonic, una vera icona; i due protagonisti improvvisano un ballo e sarà il preludio alla scena della seduzione e dell’amplesso. Non a caso è in qualche modo proprio la musica che i due protagonisti ascoltano a creare il clima caldo della storia.
Indimenticabile il tema che Piero Piccioni crea per la sequenza d’apertura de Le vacanze intelligenti, girato dallo stesso Sordi e contenuto nel film in tre episodi indipendenti del ’78 Dove vai in vacanza?.

Su una perfetta panoramica dei mercati generali romani, alla vigilia di una calda vacanza d’agosto, Sordi e Anna Longhi sono i protagonisti di una aspra critica all’intellettualismo estivo. A tal proposito Piccioni crea un tema talmente iconico da diventare poi simbolo sonoro di un noto brand dei grandi supermercati. La musica che crea con il sottinteso ritmo di samba riecheggia una vera melodia popolare ad uso di mandolini ed archi in stile vacanziero.
Il suo eterno gioco fatto di citazioni e di rimandi a un improbabile passato lo rendono ancora oggi il compositore che meglio, e in maniera più efficace di altri colleghi, ha saputo inventare il vero hot sound della capitale.

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