Non so se la ministra Bernini si sia accorta che quest’anno alcuni giovani, già da tempo orfani delle lucciole, si perderanno la notte prima degli esami. Si tratta degli aspiranti medici. Si è aperta e chiusa una prima finestra dei test per Medicina.

Alla quale, per la prima volta, si aggiunge ad un’altra sessione estiva, da espletarsi a luglio e non a settembre: il candidato può cimentarsi in entrambe le occasioni, valendosi poi del punteggio più alto conseguito. Non sfuggirà, quindi, che questi test interferiscono con il percorso svolto dal ragazzo per sostenere l’esame di maturità. In particolare la seconda finestra, dal 15 al 25 luglio, potrebbe, in linea teorica, in qualche pur rarissimo caso, persino sovrapporsi alla prova che corona tutta la carriera scolastica.

Ma al di là delle date, per tutti si tratterà di preparare assieme l’esame di maturità e il test di Medicina. So per certo che un responsabile di una delle più accreditate scuole di preparazione al test ha dichiarato, a un genitore preoccupato per la sovrapposizione, che questa non deve essere vissuta come un problema dato che “il voto della maturità non è importante per entrare a Medicina”. Le scuole per prepararsi ai test sono infatti l’esatto contrario della paideia o bildung che dir si voglia, in cui fiorisce l’adolescenza dei giovani liceali o degli altri istituti superiori. L’esame di maturità ne costituisce un momento rituale di passaggio come ce ne sono pochi ormai.

Tutto affatto diverso è il gran gioco prestazionale (e casuale) del testing. Per superare i test bisogna imparare a ottenere il risultato e non ad acquisire strumenti e facoltà, allenando e sviluppando potenzialità e talenti. La sovrapposizione delle date dei test di medicina 2023 passa quindi come un carrarmato sul momento culminante della formazione dei diciottenni.

Questa nuova modalità stende peraltro un’ombra inquietante sul futuro più generale dell’Università italiana. I rappresentanti degli studenti stanno fornendo forse il massimo esempio di retorica civile dell’Italia contemporanea nelle inaugurazioni degli anni accademici (Normale di Pisa, Siena, Ferrara, Padova, Salento etc..), segnalando, fra le altre cose, l’aumento del numero di suicidi fra gli universitari, pressati da un sistema sempre più ispirato all’efficientismo performativo e meritocratico, in un contesto in cui vanno diminuendo le risorse pubbliche e private, utili per consentire ai più di correre come ingiunto dal sistema.

Si sta iniziando a percepire il contagio di quei modelli, come l’americano, il brasiliano, il sudcoreano, che stanno persino ispirando fiction distopiche disponibili su Netflix (Tre per cento, Squid game etc..). In Sudcorea, qualche anno fa, han dovuto imporre una legge coprifuoco per impedire alle scuole di preparazione ai test di rimanere aperte dopo le dieci di sera perché altrimenti i ragazzi stavano in piedi fino a notte fonda dormendo poi di giorno sul banco.

E’ evidente che la diseguaglianza sociale inizia a mietere le sue vittime proprio in relazione alla possibilità di pagare i corsi di preparazione, come avviene anche in Usa (ce lo ha spiegato ultimamente anche Michael Sandel). Quando è il giorno in cui ci sono i test (non solo per medicina ma per tutte le facoltà), il paese raccontato da Parasite si ferma, perché si decide chi saranno i falliti e chi le persone di successo.

Tornando all’Italia e al test di medicina 2023, fra le novità di quest’anno c’è anche il meccanismo dell’equalizzazione, che aggiusta i punteggi sulla base delle medie statistiche relative a quanto determinati quesiti si dimostrino facili perché risolti da un maggior numero di candidati: si attende una salva di ricorsi. Si attende anche un decreto della ministra Bernini su un aumento della quota di ammessi: il che sarebbe l’unica buona notizia ma in misura ancora insufficiente.

Nel paese in cui non bisogna disturbare chi vuole fare, dominano le corporazioni, mentre invece, come si sa, ci sarebbe tanto da fare per molti più medici di quanto l’attuale setaccio consenta di titolare. La pandemia sembrava aver riportato all’attenzione la centralità della cura e l’importanza del sistema sanitario nazionale, minacciato al contrario, ogni giorno di più, da un’incipiente rovina dovuta ai crescenti tagli e dalla pressione degli interessi privati.

Cosa ci azzecca la professione del medico con il rispondere a domande insulse in pochi minuti? Il governo patriottico non pensa che forse sarebbe il caso di dismettere queste cattive abitudini “esterofile”? Non sarebbe forse il caso di aprire il più possibile le porte a chi ha la vocazione di curare gli altri, facendola finita con il numero chiuso?