«David Sassoli era un uomo buono. Sapeva come combattere per quello in cui credeva, la giustizia sociale, la solidarietà», dice Ursula Von Der Leyen parlando al Teatro Quirino di Roma alla presentazione del libro intitolato La saggezza e l’audacia, che raccoglie i discorsi dell’ex presidente del parlamento europeo scomparso l’11 gennaio dell’anno scorso. La presidente della Commissione europea prosegue dicendo che Sassoli «aveva un profondo senso della storia», era «un fine politico, era in politica per passione non per potere, questo lo rendeva così credibile».

Il ricordo di Sassoli attraverso del volume, curato da Claudio Sardo, che raccoglie cinquantasei delle sue orazioni diventa inevitabilmente un ragionamento sull’Europa e sulle sue sfide. E così Romano Prodi ricorda che l’Ue ha bisogno di essere in continuo movimento ed evoluzione «altrimenti perde l’equilibrio». Ed Enrico Letta parla esplicitamente di un parlamento europeo che, insieme alla Commissione hanno bisogno di controbilanciare i veti e il freno rappresentati dal Consiglio europeo.

Il segretario uscente del Partito democratico svela un particolare inedito della storia politica recente quando racconta che aveva proposto a Sassoli di essere il frontman della coalizione di centrosinistra alle elezioni politiche dello scorso settembre. «Tu dovresti guidarci alle elezioni – disse Letta a Sassoli – Hai capacità espansiva e tutta la tua storia politica facilita la costruzione di una coalizione più larga». Sarebbe stato il portavoce, prosegue Letta, di una «proposta politica profondamente europeista di un nativo democratico».

Nelle parole dei relatori, Sassoli diventa il simbolo di un’Unione europea che con il Covid ha saputo abbandonare il rigorismo per abbracciare una politica espansiva, cosa che secondo Letta non sarebbe potuta avvenire se Sassoli non avesse deciso in pieno lockdown di tenere aperto il parlamento europeo, che ha fatto da pungolo verso gli altri organismi. Paolo Rumiz, che con Sassoli intrattenne un fitto dialogo sul senso dell’Europa, ha il compito di esplicitare le contraddizioni e il lato oscuro dei tempi attuali. Parlando dei suoi scambi con lo statista che era stato dichiarato persona non grata da Putin, Rumiz, invita a riflettere anche sul poco protagonismo dell’Europa dopo l’invasione di Ucraina. Da uomo che ha a battuto le periferie d’Europa, dove «i totalitarismi hanno dato il peggio di sé», Rumiz ricorda: «David diceva: ‘Mettiamo più Europa nel nostro atlantismo’. E più Mediterraneo nell’Europa stessa, che è la culla della democrazia e dello stato di diritto».

«Può esistere Europa senza la Russia? – chiede ancora retoricamente Rumiz – Perché Zelensky prima di andare da Washington non è passato da Bruxelles? Possiamo affrontare la crisi climatica planetaria senza la Russia che ha undici fusi orari al suo interno?». Secondo lo scrittore, Sassoli «conosceva i disastri che poteva combinare il capitalismo senza regole». E citava Eschilo, secondo il quale «i vincitori si salveranno soltanto se rispetteranno i templi e gli dei dei vinti». Il che rimanda a quanto afferma Romano Prodi quando dice che il conflitto alle porte d’Europa contiene rischi molto peggiori della crisi dei missili di Cuba, in piena guerra fredda. Anche se, aggiunge l’ex presidente del consiglio, «questa crisi non si può superare con l’azzeramento delle differenze, traguardo impossibile, ma fissando le regole per la coesistenza pacifica».