Stando ai risultati di una indagine Eurobarometro svoltasi a maggio-giugno 2023, poco più di un cittadino dell’Unione Europea su quattro (il 27%) ha indicato la riduzione del consumo di energia tra gli obiettivi a cui dovrebbe essere data la più alta priorità. Insieme alla protezione della biodiversità, la riduzione del consumo di energia risulta essere in quarta posizione, dopo l’economia circolare, la lotta contro i rifiuti di plastica e, in prima posizione, lo sviluppo delle energie rinnovabili.

NON ASSEGNARE ALTA PRIORITÀ non vuol dire contrarietà. Il 78% dei rispondenti dichiara di avere recentemente agito per ridurre il proprio consumo di energia o di avere in mente di farlo. Ma come si riduce davvero il consumo di energia? La modalità più nota, e quella maggiormente perseguita, è tramite incrementi di efficienza energetica: dei mezzi di trasporto, dei sistemi di riscaldamento, delle abitazioni e, più in generale, di tutti i dispositivi che producono, trasportano o consumano energia. Significativi sono stati i miglioramenti in tal senso negli ultimi decenni, ma rispetto ad alcuni decenni fa in media si percorrono più chilometri, le case sono diventate più grandi (così le auto, i frigoriferi, ecc.), si usa più luce artificiale, e così via. Il risultato è che il consumo di energia non si riduce o si riduce in modo blando. È il fenomeno noto come «effetto rimbalzo» o «Paradosso di Jevons». È sempre più evidente che né l’aumento dell’efficienza energetica, né l’incremento delle fonti rinnovabili, né una maggiore elettrificazione, né l’uso diffuso dell’idrogeno, né la cattura o l’aspirazione di CO2, né massicce riforestazioni saranno probabilmente sufficienti, né singolarmente né in combinazione, per mantenere i livelli di consumo energetico pro-capite attuali o per ridurre le emissioni di gas serra ad un livello compatibile con l’obiettivo più ambizioso definito nell’Accordo di Parigi. Per questo motivo, da alcuni anni, il concetto di sufficienza energetica ha iniziato a diffondersi, prima tra le comunità accademiche e successivamente anche in alcuni documenti di policy, tra cui uno dei rapporti dell’IPCC nel 2022.

CONFORMEMENTE ALLA DEFINIZIONE fornita da Sarah Darby e Tina Fawcett, «la sufficienza energetica è la situazione nella quale i bisogni di base di servizi energetici sono soddisfatti in maniera equa e nella quale i limiti ecologici non sono oltrepassati». Di questa definizione mettiamo in risalto due aspetti: il concetto di servizi energetici e l’equità. I servizi energetici non sono nient’altro che ciò per l’ottenimento dei quali si usa energia. L’energia non viene utilizzata perché si vuole utilizzare energia. Non si prende l’auto per consumare litri di benzina. Si prende l’auto per percorrere dei chilometri e raggiungere così una destinazione che si ha in qualche modo bisogno di raggiungere.

CONSIDERATA COME UNA STRATEGIA per ridurre i consumi energetici, la sufficienza energetica si traduce concretamente in meno chilometri percorsi, veicoli (e frigoriferi, ecc.) di dimensioni più ridotte, temperature più basse negli edifici durante l’inverno, e così via. Una vita forse meno confortevole, ma più sana, soddisfacente, socialmente ricca e meno alienante. Una vita liberata dalla possibilità di consumare troppo e dalle forzature a consumare più del necessario. Significa, inoltre, una vita in società più eque. Il World Inequality Report del 2022 contiene, oltre a dati aggiornati sulle disuguaglianze di redditi e patrimoni, anche dati sulle emissioni di gas a effetto serra. Le cifre sono impressionanti: globalmente, una persona che rientra tra lo 0,01% dei maggiori emettitori, in cinque ore e mezza emette la stessa quantità di gas a effetto serra che un individuo della metà meno emettitrice in un anno; in un anno ne emette quanta una persona della metà meno emettitrice emetterebbe in una ventina di vite; ogni anno è responsabile di emissioni 2.300 (!) volte superiori al budget medio individuale di carbonio. In altre parole, sufficienza energetica significa dare la possibilità a chi consuma più della media di ridurre i propri stili di consumo più della media.

STANDO ALLE STIME DELLO SCENARIO Clever (Collaborative Low Energy Vision for the European Region), nel 2050 è possibile ridurre del 55% il consumo di energia finale nell’Ue rispetto al 2019. Questo risultato può essere ottenuto integrando agli incrementi tecnici dell’efficienza energetica le misure di sufficienza energetica. Esse, da sole, potrebbero portare a una riduzione del 20-30% del consumo di energia. Una diminuzione del 55% del consumo di energia, accoppiata con una rapida espansione delle energie rinnovabili, potrebbe condurre l’Ue alla neutralità climatica entro il 2045, evitando la necessità di adottare soluzioni tecnologiche potenzialmente rischiose o in fase embrionale. Tutto ciò a patto che la sufficienza diventi parte integrante – e di prim’ordine – della politica energetica e climatica. Il piano di contenimento dei consumi di energia approntato nel 2022, così come il piano di austerità energetica dell’inverno 1973-74, è stato approntato in tutta fretta per rispondere nel breve termine ad una crisi, non risolvibile in altri modi, dal lato dell’offerta di energia. Per attuare una reale strategia della sufficienza energetica, invece, sono necessari piani a lungo termine per una riorganizzazione profonda e condivisa della società, dei valori, delle norme, delle pratiche, dei modi di organizzazione collettiva, con l’obiettivo di ridurre al minimo il bisogno di, e gli obblighi a, consumare energia.

LE PERSONE SCENDERANNO IN PIAZZA per consumare di meno? Non in maniera esplicita, ma sta già succedendo. È così ogni qual volta si protesta contro una società che offre solo la possibilità di avere uno stile di vita insostenibile. Si voteranno partiti che promettono la riduzione dei consumi? Se qualche partito lo facesse lo si potrebbe verificare. A tal proposito si consiglia di chiarire, nel programma elettorale, che la riduzione dei consumi sarà equa, ovvero maggiore per i grandi consumatori di servizi energetici. Infine, si vuole fare presente che là dove i cittadini siano stati messi nelle condizioni di poter sviluppare proposte per il clima e l’ambiente (ad esempio nelle Assemblee Climatiche) questi abbiano espresso in maniera molto forte una predilezione per le misure di sufficienza e, più in generale, per quelle che liberano da ciò che incita e forza a consumare di più.

*Ricercatore in Sociologia dell’Ambiente e del Territorio presso l’Università di Parma