«Aiutare famiglie e imprese è il senso stesso di questo governo». Al termine di una giornata lunghissima Mario Draghi presenta così il decreto Aiuti, un malloppo di 50 articoli che si occupa in realtà non solo di sostegni ma anche degli interventi sull’energia. Rispetto al previsto i fondi stanziati dal dl sono raddoppiati e oltre, arrivando a 14 miliardi. Le coperture mancanti saranno recuperate con un aumento dal 10% al 25% del prelievo sugli extraprofitti realizzati grazie all’aumento del costo dell’energia. Nessuno scostamento di bilancio, dunque, e il premier sottolinea il particolare. Quel che conta è fare il necessario, «i mezzi si decidono di volta in volta». Dunque non è escluso che, se sarà necessario, allo scostamento si arriverà: «Siamo pronti ad altre misure se la congiuntura peggiora».

LA NOVITÀ PRINCIPALE è un fondo di sostegno per lavoratori anche autonomi e pensionati con reddito annuo al di sotto dei 35mila euro. Sarà coperto con 6 miliardi. Riguarderà, conteggia Draghi, 28 milioni di cittadini con un bonus di 200 euro che servirà anche a frenare l’inflazione. La spina è quella. Nell’ultimo mese è un po’ scesa rispetto ad aprile, sta al 6,2%. Senza il caro energia sarebbe ferma al 2,9%, sempre troppo alta ma senza paragone. È questa la principale fra le «circostanze temporanee» che richiedono interventi eccezionali» per non cronicizzarsi. Ma il premier ci tiene a confermare il suo ottimismo. La ripresa è rallentata, sì, ma almeno per ora senza recessione. Gli occupati in marzo sono saliti di 800mila unità e la maggioranza è a tempo determinato. A palazzo Chigi guardano il bicchiere mezzo pieno.

Confermati gli interventi contro il caro bollette con congelamento degli aumenti per la stessa platea già interessata, quella con Isee sino a 15mila euro. Particolarmente importante, per Draghi, è il sostegno alle imprese per l’aumento delle materie prime, con il 90% dei costi aggiuntivi a carico dello Stato. In mattinata il consiglio dei ministri aveva già sbrigato sui due piedi la faccenda più rapida e urgente: il taglio delle accise sul carburante, che senza rinnovo sarebbe scaduto oggi. Arriverà invece fino all’8 luglio ed è stato per la prima volta allargato anche al metano, con accisa portata a zero e Iva al 5%. Il risparmio sarà di 25 centesimi al litro, che dovrebbero arrivare a 30 con il taglio Iva. Resta uno dei tagli più alti decisi da un Paese europeo ma è un gioco a rincorrersi perché nel frattempo il prezzo del carburante è a sua volta aumentato, superando i 2 euro al litro. Sul versante energia la scommessa è una drastica liberalizzazione che dovrebbe semplificare e rendere molto più rapido il passaggio alle rinnovabili.

MA SULL’INCENERITORE a Roma voluto dal sindaco e commissario al Giubileo Roberto Gualtieri si consuma la rottura con il Movimento 5 Stelle, che non vota il decreto su indicazione telefonica di Giuseppe Conte in persona. Il ministro Patuanelli aveva chiesto che la norma della discordia venisse stralciata. Il Pd ha rilanciato chiedendo ai sempre meno alleati a cinque stelle di limitare il non voto all’articolo sull’inceneritore. Conte si è opposto facendo emergere una tensione con il governo che è in realtà a tutto campo. Poche ore prima aveva detto senza mezzi termini di «pretendere» che Draghi riferisca in aula sulle armi all’Ucraina e sugli obiettivi che ci si propongono con gli aiuti militari.

«Eravamo favorevoli alla norma sui poteri straordinari al sindaco di Roma ma chiedevamo che i nuovi impianti fossero di nuova tecnologia, eco-sostenibili. Si è preferito mantenere una norma che contraddice la transizione ecologica e riporta indietro la lancette dell’orologio», spiegherà a rottura consumata il M5S. «Siamo dispiaciuti ma spero che non ci siano conseguenze particolari e in qualche modo supereremo il disaccordo», commenta laconico il premier.

MOLTO CRITICO non solo sulle «parole oscene» del ministro degli esteri russo Lavrov su Retequattro ma anche sull’«intervista senza contraddittorio che professionalmente non è un gran che e fa venire in mente strane idee», Draghi, sulle armi, difende e conferma la decisione italiana, identica a quella del resto d’Europa: «Non dobbiamo riposizionarci. Noi vogliamo la pace. Nessuno vuole la guerra e a Biden dirò che non vogliamo l’escalation. Ma nessuno può abbandonare Kiev».