Josef Sikela, ministro dell’Industria della Repubblica ceca che ieri ha presieduto il consiglio straordinario dei responsabili dell’Energia dei 27, il secondo nel giro di tre settimane, si è allarmato: «Siamo in guerra energetica con la Russia, l’inverno arriva e dobbiamo agire oggi, forse domani, non tra una settimana e sicuramente non tra un mese».

Il consiglio, come ampiamente previsto, ha approvato il Regolamento presentato dalla Commissione che prevede un calo «obbligatorio» dei consumi di energia dei 27 «almeno del 5%» nelle ore di punta e del 10% sul mese (anche se questo è solo «indicativo»), un recupero di parte dei super-profitti realizzati dai produttori di energia che hanno costi più bassi del gas (nucleare, rinnovabili), a partire da un prezzo fissato a 180 euro il Mwh, una tassa sulla differenza tra questo prezzo e quello all’ingrosso e, infine, un contributo di solidarietà temporaneo da parte dei produttori e dei fornitori di energie fossili (carbone, petrolio, gas). La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha calcolato che dovrebbero arrivare nelle casse degli stati, complessivamente, 140 miliardi.

MA MOLTI STATI vogliono andare oltre. In 15 (tra cui Italia e Francia) hanno firmato una lettera alla Commissione che chiedeva di presentare «proposte legislative il più presto possibile» per contenere i prezzi del gas. Ma i giorni sono passati e non c’è ancora niente, a parte un documento preparatorio di Bruxelles, trascurato in queste ore, su un price cap limitato alle importazioni ancora in corso dalla Russia (si tratta di Gnl, i due North Stream sono fermi e hanno subito azioni di sabotaggio): l’import è sceso dalla copertura del 40% dei fabbisogni europei al 9%.

Un piano più dettagliato dovrebbe essere discusso al vertice straordinario dei capi di stato e di governo, a Praga, il 7 ottobre (dopo la prima riunione della Commissione Politica Europea il 6, l’idea di Macron di riunire i 27 con i paesi vicini, 17 presenti), poi è previsto un altro Consiglio Energia l’11-12 ottobre. Dovrebbe riguardare anche un tetto al prezzo del gas utilizzato per produrre elettricità, seguendo il «meccanismo iberico».

NEL FRATTEMPO, OGNUNO fa da sé con misure di interventi sui prezzi e le tensioni aumentano tra partner. Ieri la Germania si è difesa dalle accuse, soprattutto italiane, per il piano di 200 miliardi per limitare i prezzi al consumo (ci sono anche polemiche a Berlino da parte delle autorità di controllo, per le nuove spese non messe a bilancio, dopo i 100 miliardi per la Difesa e gli interventi del post-Covid, per non infrangere gli impegni costituzionali sui limiti al debito pubblico).

Per Berlino, si tratta di «uno scudo di difesa», ha detto Olaf Scholz, uno strumento che «non ha nulla a che vedere con un tetto», spiegano al ministero dell’Economia, «dobbiamo distinguere tra freno al prezzo, che è quello che facciamo in Germania da un tetto al prezzo del gas», che temono potrebbe causare penuria. «Non sosteniamo l’opzione di un limite massimo al prezzo, perché sussiste il pericolo che alla fine non vi sia più gas a sufficienza da comprare sul mercato mondiale».

I MINISTRI dell’Economia di Francia e Germania, Bruno Le Maire e Robert Habeck, hanno firmato un testo comune (pubblicati su Handelsblatt e Les Echos) dove propongono una «piattaforma di acquisti in comune» dei 27 per premere sui prezzi. Lunedì Macron è a Berlino per discuterne con Scholz. La Commissione sta trattando con la Norvegia, che è diventato il primo fornitore della Ue, ha spiegato l’eurodeputato (Renew), Pascal Canfin. A giugno c’era stato un accordo per «intensificare la cooperazione, per garantire un approvvigionamento supplementare». La Norvegia ha battuto ad agosto un record di surplus commerciale, 20 miliardi di euro. «Ci costa circa 100 miliardi comprare gas in Norvegia – aggiunge Canfin – e loro ci guadagnano, quindi è abbastanza legittimo mettersi d’accordo su un prezzo massimo».

La Polonia, che ha appena inaugurato una nuova pipeline con la Norvegia, accusa Oslo di «predazione indiretta nella guerra scatenata da Putin». Ma il primo ministro norvegese, Jonas Gahr Store, è «scettico»: «Un prezzo massimo non cambierà nulla al problema fondamentale, che c’è troppo poco gas in Europa». Secondo Gahr Store, non sono gli stati a commerciare, ma le imprese e tocca a loro mettersi d’accordo.

BULGARIA, ROMANIA, Ungheria e Slovacchia hanno proposto ieri di intercedere per un approvvigionamento supplementare dall’Azerbaijan (con cui la Commissione ha già firmato a giugno un protocollo di accordo per raddoppiare le forniture, almeno 20 miliardi di metri cubi, entro il 2027).

IERI BRUXELLES ha inasprito le condizioni di ingresso dei cittadini russi nella Ue: «Avere un visto Schengen non basterà più», dovranno essere «fatto controlli di sicurezza supplementari». C’è stata inoltre anche una nuova riunione degli ambasciatori dei 27 sul nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia.