Emma Petitti, presidente del consiglio regionale dell’Emilia Romagna, già assessora con Bonaccini, ha scelto di sostenere Elly Schlein al congresso Pd. Una scelta decisamente in controtendenza da quelle parti: solo 6 consiglieri dem regionali su 26 non hanno seguito il governatore. Zero assessori.

Lei conosce bene entrambi gli sfidanti. Perché ha scelto Schlein?

Sono due ottime candidature, molto diverse per cultura, percorsi ed approcci. Conosco Stefano da più di 15 anni, da quando ero segretaria provinciale a Rimini e lui segretario regionale e successivamente mi chiese di lasciare il parlamento per diventare assessora al bilancio appena lui fu eletto in regione nel 2014. Posso dire che è una persona molto determinata, di forte carattere e tenace. Elly è una giovane donna, libera e figlia del suo tempo, che incrocia l’Europa con l’esperienza regionale e la presenza sul territorio, capace di parlare trasversalmente alle generazioni, soprattutto a chi ha maturato una disaffezione per la politica. Penso che una leadership femminista dopo aver cambiato 10 segretari uomini in 15 anni, rappresenti oggi un valore aggiunto.

Il congresso si gioca tutto nella vostra regione. È anche il segno di un restringimento del partito nelle sue roccaforti?

L’Emilia-Romagna è una regione di riferimento nella storia della sinistra italiana, dal regionalismo di Fanti, al cattolicesimo democratico di Dossetti e Zaccagnini, al municipalismo di Renato Zangheri, all’europeismo di Renzo Imbeni. Qui è nato l’ulivo con Prodi. Questa regione ha saputo esprimere anche grandi donne, ne cito una su tutte Nilde Iotti, la prima presidente donna della Camera. Qui il dialogo tra il mondo del lavoro e il ceto medio produttivo e la cultura della partecipazione attiva sono sempre stati aspetti che si sono tenuti insieme rispetto alla costruzione del futuro. Non mi stupisce che nella fasi di crisi la sinistra riparta dal suo laboratorio.

Che Pd sarebbe in caso di vittoria dell’uno o dell’altra? Loro si attaccano pochissimo, a volte pare ci sia un patto di non belligeranza. Eppure i nodi di identità e linea politica sono tanti.

Schlein è riuscita girando il Paese ad imporsi in maniera incisiva nel dibattito congressuale, entrando a piene mani sulla questione identitaria ma senza sfuggire alle contraddizioni che ha vissuto il Pd dalla sua fondazione, dal lingotto di Torino fino alla fase renziana. Si ruppe una connessione sentimentale con il popolo della sinistra attraverso la disintermediazione della rappresentanza fino al Jobs Act. Elly con il suo progetto pone al centro il superamento della precarietà, delle diseguaglianze sociali, la questione ambientale e climatica, i diritti civili e il diritto alla casa.

Vuol dire che Schlein è la vera rottura con gli errori del passato? Anche Bonaccini ha detto che ripristinerebbe l’articolo 18.

È positivo che tutti oggi riconoscano la necessità di superare quella fase. Il Pd oggi più che affrontare il dibattito sul suo passato, che non va rimosso in quanto appartiene alla nostra storia nel bene e nel male, si misurerà sulla capacità di mobilitare alle primarie il suo popolo. Credo che Elly possa interpretare meglio una nuova stagione, con più credibilità.

Per il Pd non sarà facile recuperare credibilità. In questi anni ha perso milioni di voti, soprattutto nelle fasce più fragili ella società.

In questi anni abbiamo pagato un prezzo alto per effetto del cedimento culturale al populismo, per la mancanza di coraggio sulle battaglie identitarie e per i troppi compromessi a cui siamo stati costretti per esercitare la responsabilità stando al governo.

Come immagina il dopo primarie? Le due anime del Pd, quella socialista e quella liberale, possono ancora convivere oppure le distanze sono troppo marcate?

Mi aspetto che si riesca a trovare una sintesi culturale che tenga insieme le regole del mercato e la libera concorrenza, i diritti e le pari opportunità. L’unità interna al partito passa dalla volontà di ciascuno di costruirla con il dialogo, il rispetto delle posizioni e la generosità. Sono convinta che dal 27 febbraio lavoreremo tutti uniti per questi obiettivi. Stefano ed Elly lo sapranno fare.

Livia Turco, sostenitrice di Schlein, ha ricordato che spesso di lei si dice che è «poco strutturata». E questo ha spinto molti quadri e sindaci verso il governatore considerato più «solido».

Che non è strutturata lo dicono persone prevenute e che non l’hanno ascoltata. In questo paese quando le candidate sono donne prima dei giudizi vengono i pregiudizi, perché dalle donne si pretende sempre di più. Ma dopo 10 segretari uomini “strutturati” credo serva il coraggio di cambiare.

Vede un sentimento di timore in un partito anziano verso una donna giovane?

Il Pd non può essere solo o semplicemente un partito di eletti, amministratori, o un partito che conserva e difende abitudini consolidate. Per poter dare una prospettiva di alternativa alla destra, ci serve un partito che sappia cambiare prima di tutto se stesso. Non un partito personale, dei leader soli al comando, ma uno strumento in grado di accogliere una giovane generazione e tenere insieme una comunità politica.