La sede elettorale nel quartiere di Kelapa Lima a Kupang – a urne chiuse, lungo tre fusi orari – ha appena finito di contare le schede nel primo pomeriggio: «Stiamo sommando i voti per i sindaci e i responsabili provinciali – dice uno degli scrutatori – ma il presidente eletto qui, già sappiamo chi è: Prabowo Subianto!». Lo racconta mentre tre centri di ricerca indipendenti – Indonesian Survey Institute, Population Center e Political Chart, ognuno con risultati basati su 2.000 seggi diffusi in 38 province – cominciano a snocciolare le proiezioni che stanno elaborando. E che attribuiscono a Prabowo Subianto e al suo vice Gibran un grasso 58,8% di suffragi.

GANJAR PRANOWO, candidato del Partito democratico di lotta (Pdi-P) soffre una debacle al 16,8, mentre Anies Baswedan raccoglie un 24,4% che lo vede superare i voti che aveva nei sondaggi.
Sono le 4 del pomeriggio ma al calar del sole il risultato non è cambiato. Prabowo è al 58,5% e i rivali han recuperato qualche frattaglia. La forbice è davvero ampia. Se confermata (per il risultato ufficiale serviranno settimane) non solo Prabowo e Ganjar non andranno al ballottaggio, ma porteranno a casa una vittoria che farà dimenticare la nube tossica che ha circondato la loro candidatura. Su cui un film, distribuito gratis su YouTube nel periodo di silenzio elettorale (Dirty Vote di Dandhy Laksono), ha versato il veleno di accuse pesanti allo sponsor nemmeno troppo dietro le quinte del ticket Prabowo-Ganjar: Joko Widodo detto “Jokowi”, presidente uscente, popolare e immacolato fino a ieri. Ma che non potendosi ricandidare per la terza volta ha pensato di mandare avanti amici e pareti. E che amici. Su Ganjar meglio stendere un voto pietoso. È un sindaco di 36 anni cui una sentenza della Corte costituzionale, dove c’era anche un parente della famiglia, ha permesso la corsa a vice pur non avendone i requisiti (40 anni). Ora riformati.

PRABOWO Subianto Djojohadikusumo, classe 1951, invece rientra in un’altra cornice. Tanto per cominciare viene da una famiglia ricca giavanese e da un giro di imprenditori amici del generale Suharto, un dittatore durato 32 anni. Il giovane Prabowo frequenta Jalan Cendana dove Suharto vive con la famiglia e dove corteggia Titiek, la secondogenita del rais. È nel giro che conta e nel maggio 1983 si sposano. Divorzieranno nel 1998, anno della caduta politica del padre. All’epoca Prabowo era un ufficiale dell’esercito che farà poi carriera in un corpo d’élite, le forze speciali Kopassus. A loro tocca tra il 1976 e il 1998 combattere la resistenza al governo centrale nell’Irian Jaya (Papua) ma soprattutto a Timor Est, la riottosa ex colonia lusitana che Suharto ha invaso dopo la Rivoluzione dei garofani portoghese che le aveva concesso la libertà. Si guadagna sul campo le stellette da generale. Poi, nel 1998 Suharto lo promuove alla Kostrad, la riserva strategica di cui lui stesso era stato il primo comandante all’epoca della repressione anticomunista (1965-66). Ma sono gli ultimi colpi di un vecchio dittatore ormai in coma che nel maggio di quell’anno si dimette. In quel periodo i generali giocano un ruolo chiave e saranno loro a scaricare il loro mentore. Prabowo cerca di ricavarne un guadagno ma lo batte in abilità una vecchia volpe, il potente generale Wiranto. Un ufficiale che condivide con lui una divisa piena di macchie.

QUANDO in un’intervista del 2014 ad Al Jazeera gli si chiede conto di attivisti anti Suharto scomparsi, Prabowo se ne fa scudo e risponde tranquillo che si, era roba sua ma erano «ordini superiori». Ma intanto è in disgrazia. Viene esautorato dal ruolo militare e va in esilio in Giordania. Forse avrebbe preferito gli Usa che però lo avevano messo al bando (levato nel 2020) per il suo passato. Tornato dall’esilio pian piano si ripulisce. L’ultimo ritocco è merito di Jokowi.
Restano nebbie. L’Agenzia di controllo del voto (Bawaslu) ha appena ricevuto notizia di voti comprati. Si tratterebbe di deputati dell’Assemblea. Le macchie ricompaiono.