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Educazione in macerie: raid su un’altra scuola, 14 uccisi

Le macerie della scuola al-Jaouni del campo di Nuseirat, colpita ieri da un raid israeliano foto Afp/Eyad BabaLe macerie della scuola al-Jaouni del campo di Nuseirat, colpita ieri da un raid israeliano – Afp/Eyad Baba

La lezione A Gaza non si torna in classe, ci si muore: 625mila palestinesi in età scolare fuori dalle aule da un anno. Bombe anche su due case a sud, droni e arresti in Cisgiordania

Pubblicato 26 giorni faEdizione del 12 settembre 2024

A Gaza le scuole sono rifugi insicuri e cimiteri. Ieri è successo di nuovo: un raid aereo israeliano sull’istituto scolastico al-Jaouni del campo profughi di Nuseirat ha ucciso 14 sfollati, tra loro donne, bambini e due membri dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi. Diciotto i feriti.

L’EDUCAZIONE a Gaza è risucchiata in un buco nero. Lo scorso anno scolastico è andato in fumo qualche settimana dopo l’inizio. I ragazzi gazawi non siedono in un’aula da undici mesi, in un pezzo di terra con un tasso di alfabetizzazione del 98%. È una costante tra i palestinesi, in Palestina e in diaspora: altissimi livelli di istruzione, tanti pluri-laureati, con la predilezione per le materie scientifiche: ingegneria, medicina, architettura. E per la storia. Il diploma non te lo può togliere nessuno, dicono, per un popolo senza una terra libera e una casa sicura, l’istruzione è qualcosa che non possono sottrarti.

L’anno scolastico che dovrebbe aprirsi in questi giorni è già evaporato. Sono 625mila gli studenti di Gaza esclusi dall’istruzione, di questi – scrive l’Unicef – 45mila bambini di sei anni, pronti per iniziare l’equivalente della nostra prima elementare. Nei mesi passati sui social apparivano i video di universitari che discutevano la tesi da remoto, casi eccezionali.

Per il resto, è buio: il 90% dell’edilizia scolastica è distrutto, con l’ultimo mese che ha visto un’escalation nei bombardamenti mirati contro le scuole tramutate in rifugi. Almeno 750 i professori e i maestri uccisi. E poi ci sono gli studenti: secondo il ministero della sanità, 11.500 palestinesi in età scolare sono stati ammazzati, altri 19mila sono orfani.

Ieri l’esercito israeliano ha dichiarato che la al-Jaouni era usata da Hamas per pianificare attacchi contro le forze israeliane che hanno rioccupato fisicamente Gaza. Copione noto, ricorre ogni volta che l’aviazione colpisce un edificio intoccabile per il diritto internazionale o una zona dichiarata sicura.

E mentre prosegue come una corsa a ostacoli la vaccinazione anti-polio (secondo l’Unrwa, sono stati vaccinati con la prima dose 530mila minori di dieci anni su un totale di 640mila), un raid contro una casa di Khan Younis ha ucciso tredici persone, tra cui un bambino. Bombe su un’abitazione anche ad al-Mawasi, l’area «sicura» nel sud-ovest dove martedì cinque mega-bombe di produzione Usa hanno cancellato venti tende: è stata centrata la casa della famiglia Abu Shalouf, quattro morti e 15 feriti.

SEMPRE A SUD, a Rafah, nella notte tra martedì e mercoledì un elicottero israeliano si è schiantato mentre tentava di recuperare un soldato ferito: due militari sono morti. Secondo l’esercito, l’incidente al Black Hawk con a bordo membri dell’unità 669 «non è stato provocato da fuoco nemico».

Qualche ora dopo il ministro della difesa Gallant si è presentato alla stampa affermando che l’esercito avrebbe trovato un documento del leader militare di Hamas a Khan Younis, Rafa Salama, in cui sarebbero descritte le perdite subite: il 70% delle armi, il 95% dei razzi, il 50% degli uomini, dice Gallant parlando di «vera crisi» del movimento islamico. Di certo l’offensiva ha notevolmente ridotto le capacità militari di Hamas (e soprattutto decimato quelle di governo), ma che il movimento sia definitivamente annichilito è negato da analisti, esperti e più di tutto dalla realtà, fatta di scontri di terra e di azioni di guerriglia possibili nonostante undici mesi di bombardamenti a tappeto da parte di uno degli eserciti meglio equipaggiati al mondo.

Prosegue l’offensiva anche in Cisgiordania. Se a Tulkarem restano prigionieri i cinque paramedici della Mezzaluna rossa detenuti martedì, è la città di Tubas a tornare sotto assedio: ingressi chiusi dalle camionette, ospedale circondato e droni che hanno ucciso cinque palestinesi (quasi 700 gli uccisi in Cisgiordania dal 7 ottobre).

A Ramallah ovest i militari hanno cacciato una famiglia alla propria casa per trasformarla in un presidio militare, mentre nel villaggio di Burin ad agire sono i coloni dell’insediamento di Yitzhar: hanno dato alle fiamme decine di ulivi.

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