Figlia di un uomo bianco e di una donna nera, cresciuta nel Mississippi ancora segregato in cui l’unione dei genitori era ufficialmente fuorilegge, la poetessa statunitense Natasha Trethewey così affida ai posteri l’isolamento e il trauma della propria famiglia: «Ci teniamo stretti sulla piccola isola che è il letto, / in silenzio / nella lingua del sangue: la casa, incerta / sui blocchi di cemento, sprofonda / nel fango della discendenza». Il recupero spettrale del passato torna di frequente a motivare l’opera di Trethewey, le cui poesie danno voce a quelli che Walter Benjamin chiamava «detriti della Storia»: vite, aspirazioni, possibilità abbandonate ai margini dal progresso.

La lingua del sangue, silenziosa ma non per questo meno potente, e il fango della discendenza (leggi invisibili capaci di determinare il corso di una vita) sono le direttive sulle quali – e contro le quali – si muove anche il romanzo di esordio di Maisy Card, Fantasmi di famiglia (traduzione di Clara Nubile, Tlon, pp. 370, € 20,00). Com’è frequente nelle recenti opere dedicate alla ricostruzione delle dinastie nere americane, l’autrice fa precedere al racconto un albero genealogico, in risposta al vuoto lasciato dal passaggio di mezzo della tratta atlantica, e strumento necessario a radicare nuovamente i protagonisti nella Storia dalla quale sono stati estromessi con la forza. Come mette in chiaro il titolo, però, questa non è semplicemente la saga di una famiglia, è soprattutto un racconto gotico. L’albero di Card non funziona quindi tanto da mappa quanto da elemento di mistero, un documento stracciato in attesa di essere ricomposto dalla complessa e raffinata polifonia di voci che lo segue. La trama di discendenze già intricate che il romanzo vuole sbrogliare è poi ulteriormente complicata da un passaggio successivo: muovendosi tra Giamaica e Stati Uniti, l’autrice aggiunge al trauma storico della schiavitù quello più recente della migrazione verso nord, tracciando la parabola accidentata di un Sud globale condannato a uno sradicamento definitivo.

Fantasmi di famiglia è insieme a un’epopea familiare anche un giallo, un romanzo storico e un resoconto di duro realismo sulla vita quotidiana nera nei caraibi e nei ghetti delle metropoli nordamericane. Ed è una storia di fantasmi. La dimensione spettrale permea il racconto: nascosta dietro alla concretezza mondana della fatica, della carnalità e della violenza che accompagnano la stirpe dei Paisley lungo i secoli, attende di irrompere nel reale per sconvolgerne il tessuto con la forza di un represso che impone di vedersi riconosciuto a ogni costo. Come spesso accade nel romanzo gotico, quanto è sepolto non lo  resta a lungo, e nel portare a compimento presagi e maledizioni articolate in epoche lontane contribuisce in maniera fatale alla definizione del presente. Se la nascita del mondo contemporaneo procede dalla violenza e la proietta nel futuro, Card non preclude però ai personaggi la possibilità di una qualche redenzione, sebbene  sofferta: «serve anche un po’ di paura a mantenere gli uomini vivi».