E Napoli aspetta il bando per Donn’Anna e Monache
Entro il 14 agosto Comune di Napoli ed Autorità portuale dovranno approvare un provvedimento diverso da quello varato a giugno e demolito recentemente dal Tar per gestire le spiagge Donn’Anna e delle Monache, due tra i pochi arenili non in concessione della costa partenopea. I giudici amministrativi hanno infatti assegnato alle due amministrazioni 15 giorni dalla notifica della ordinanza con la quale hanno accolto le ragioni del coordinamento nazionale Mare Libero contro il contingentamento degli accessi e l’obbligo di prenotazione on line per Donn’Anna (50 i posti previsti dal Comune) e le Monache (450 il tetto delle presenze). «Abbiamo chiesto una interlocuzione», dice Giuliano Esposito, tra i promotori di Mare Libero, «in previsione del nuovo provvedimento.
Il Comune non ha risposto, l’Autorità portuale ha sostenuto che non ci fossero altri documenti da mostrarci, oltre a quelli già oggetto della nostra impugnazione al Tar». La quale, come si diceva, è stata accolta dai magistrati, i quali hanno imposto al Comune ed al Porto di riesaminare, tenendo conto della ordinanza dei giudici, la regolamentazione adottata a giugno e giustificata con presunte esigenze di sicurezza. Rilevano nella ordinanza «la necessità che venga valutata – nella scelta delle misure da adottare – la mancanza di forme di conflitto di interesse tra l’attività pubblica e quella privata, stante la prossimità dei tratti di spiaggia di pertinenza della concessionaria rispetto alla spiaggia libera oggetto della contestata regolamentazione».
Ciò in considerazione della circostanza che Comune e Porto avevano assegnato proprio ai concessionari il ruolo di filtrare gli ingressi verso le vicine spiagge libere. Constatano, inoltre, che «non viene chiarito se i rischi per la sicurezza derivino dalla conformazione fisica della spiaggia, nel qual caso analoghe necessità si porrebbero per le porzioni di litorale date in concessione, da timori per l’ordine pubblico, per la cui tutela esistono tuttavia strumenti diversi ( presidi delle forze dell’ordine), o da ragioni di pubblica igiene, considerato che la mancanza di servizi connota normalmente tutte le spiagge libere». Chiariscono, poi: «L’amministrazione non può giustificare la scelta di adottare un provvedimento che riduce sostanzialmente il godimento di un bene connesso a un interesse di rilevanza costituzionale, anziché farsi carico, con gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione, di individuare le modalità con cui la fruizione del mare possa essere accessibile a tutti, garantendo contemporaneamente la tutela del paesaggio e dell’ambiente».
Precisano anche che «i provvedimenti penalizzano proprio le fasce più deboli della popolazione: le famiglie numerose (stante il limite dei tre ingressi prenotabili giornalmente); le persone che non hanno accesso alle tecnologie; gli anziani e i bambini, che non possono stare in spiaggia nelle ore più calde (mentre il limite orario è posto alle 17,30); i minorenni, precludendo loro l’accesso alla spiaggia libera pure se già in età per circolare o persino viaggiare da soli». Ricordano infine al Comune ed all’Autorità Portuale che «il diritto di accesso libero e di fruizione della battigia (anche ai fini di balneazione), sancito dalla legge, vige finanche nelle aree oggetto di concessione demaniale».
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