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Drug checking in Italia, finalmente

Fuoriluogo La rubrica settimanale a cura di Fuoriluogo

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 4 ottobre 2017

Il drug checking è una pratica di grande impatto nell’ambito della riduzione dei rischi da droghe: una persona ti chiede di confermare, smentire, aprire interrogativi in merito ai principi attivi contenuti nella sostanza che vorrebbe utilizzare, e questo apre spazi relazionali di valore incommensurabile.

Nessuno lo ha mai negato nel mondo italiano dei servizi di riduzione dei rischi e dei danni.

Però per decenni il drug checking o meglio il pill testing (come lo si chiamava un tempo) è stato uno dei temi «sensibili», una delle pratiche possibili solo nei paesi avanzati e pragmatici del nord Europa. Un intervento che da noi poteva essere portato avanti solo da gruppi di volontari/attivisti, in progetti che non dovessero rendere conto a una committenza istituzionale.

I coraggiosi che ci avevano provato, che lo avevano proposto in progetti formali, erano stati costretti a battere in ritirata. Così il pill testing era diventato un argomento per dibattiti nei convegni, qualche volta di conflitto fra servizi istituzionali e attivisti, più spesso uno dei mille argomenti che, nei discorsi fra operatori davanti ad una birra, rafforzano la frustrazione di lavorare in Italia e l’invidia per i lussureggianti giardini del vicinato europeo.

Nel tempo però, i setting cambiano, si evolvono e la combinazione fra innovazioni tecnologiche e mutamenti culturali apre brecce in muri considerati invalicabili.

Questa almeno è stata la sorprendente esperienza del progetto Baonps (Be Aware on Night Pleasure Safety) che celebrerà il suo convegno finale il prossimo 11 ottobre a Roma.

Tutto è partito tre anni fa, con un progetto europeo cui hanno aderito con convinzione partner istituzionali come il Serd di Ivrea e il Centro Regionale Antidoping (Cad) “Alessandro Bertinaria” di Orbassano, con il proprio laboratorio regionale di Tossicologia: proponendo una tecnologia basata sulla spettroscopia Raman, che permette agli operatori di non entrare in contatto diretto con le sostanze e di fare test veloci.

Grazie al Cnca (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza) e ai servizi outreach della rete, è stato possibile portare questa esperienza in vari eventi in sei regioni italiane e in tutti i casi i feedback sono stati molto positivi.

Ma è il quadro nazionale complessivo di oggi che ci sorprende di più: in Piemonte, nel bando di rinnovo del progetto Neutravel (di intervento di riduzione del danno nei luoghi di divertimento), la Regione richiede espressamente la fornitura del drug checking fra le azioni previste; la Lombardia sta finanziando attività di drug checking e l’Istituto Superiore di Sanità, incaricato di ridisegnare e gestire il sistema nazionale di allarme rapido, considera auspicabile l’inclusione del drug checking nel sistema di monitoraggio e allerta per le nuove sostanze psicoattive.

Il fatto che il sistema sia affidato all’Istituto Superiore di Sanità, insieme alle dichiarazioni dei suoi funzionari e al coinvolgimento degli operatori di Baonps, accredita l’impressione che il sistema di allerta rapido possa funzionare non più solo per finalità di controllo penale delle nuove sostanze, ma per costruire strategie di salute pubblica nella declinazione della Riduzione del Danno.

Inoltre si sta lavorando affinché il tema sia incluso nelle linee guida nazionali sui Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), come già sta accadendo in alcune regioni per i Lea regionali.

Di difficoltà burocratiche e giuridiche da superare ne rimangono molte, ma le resistenze culturali si sono rivelate finora decisamente meno consistenti di quanto temuto. Alcune istituzioni e la stessa opinione pubblica si dimostrano più coraggiose di quanto noi stessi dei servizi di riduzione del danno ci aspettavamo. Chi l’avrebbe mai detto?

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