Tulkarem è la città cisgiordana che più di altre guarda a ovest. Il muro di separazione che Israele ha iniziato a costruire nel 2002 percorre il suo perimetro occidentale, le ultime case distano appena qualche metro. È vicinissima al mare, anche se non si vede.

Anche Tulkarem, come ogni grande città palestinese in Cisgiordania, ospita un campo profughi, i rifugiati e i loro discendenti del 1948. Ieri il campo di Nour Shams è stato teatro di un’incursione in stile Jenin: l’esercito israeliano ha chiuso il campo ed è entrato con i bulldozer per le sue strette stradine, portando via tutto quello che c’era in mezzo. Dall’alto i droni hanno aperto il fuoco.

IL GRUPPO armato palestinese Brigata Tulkarem ha sparato sui soldati israeliani. Ne è nato uno scontro violentissimo. A sera si parlava di almeno dodici palestinesi e un soldato uccisi. I corpi delle vittime sono stati ospitati in moschea, in attesa dei funerali, mentre alle ambulanze è stato impedito di entrare per portare via i feriti. A una parte del campo sigillato sono state tagliate acqua ed elettricità.

Tra le vittime non ci sarebbero combattenti ma civili, di cui cinque bambini. La notte prima non era andata meglio. Sette i palestinesi uccisi tra Ramallah, Betlemme e Tulkarem. Quattro minori: Qais Tim Shalash, 17anni, e Khalil Mohammad Khalil, 15; Ahmed Munir Saduq, 14; e Taha Mahameed, 16. L’uccisione di Mahameed è stata ripresa in video: si vede il ragazzino in mezzo alla strada con una pietra in mano accasciarsi a terra.

È rimasto lì un’ora, gli spari dell’esercito hanno impedito al padre di portarlo via. Continua così a crescere il bilancio dei palestinesi uccisi quest’anno in Cisgiordania, il più sanguinoso dalla seconda Intifada: 73 dal 7 ottobre (più 1.300 feriti), oltre 200 da gennaio a settembre tra cui 38 minori. Un bilancio che è il prodotto sia di una recrudescenza della violenza perpetrata dai movimenti dei coloni estremisti, sia dal maggior numero di incursioni militari israeliane. Di armi ne girano tante in questi mesi, anche per la comparsa di gruppi combattenti attivi in alcune città palestinesi.

Con le comunità cisgiordane isolate da checkpoint chiusi e blocchi di cemento, crescono gli arresti. In dieci giorni i prigionieri politici palestinesi sono raddoppiati, dai 5.300 precedenti all’attacco perpetrato da Hamas il 7 ottobre (1.400 israeliani uccisi) ai 10mila attuali, difficili da tracciare – dice la Palestinian Prisoners Society – per il volume impressionante di raid.

TRA LORO ex detenuti e attivisti, portati via in assenza di accuse specifiche, e membri di Hamas. Ieri ne sono stati arrestati 60 tra cui il portavoce del movimento islamista in Cisgiordania Hassan Yousef.

È di ieri la denuncia del quotidiano israeliano Haaretz: il 12 ottobre nel villaggio di Wadi al-Siq attivisti palestinesi e israeliani sono stati picchiati e abusati da coloni e soldati. Li hanno detenuti per ore, spogliati e fotografati per poi urinare su di loro. Foto delle torture sono apparse su pagine Telegram gestite dal gruppo di coloni Hilltop Youth. (chiara cruciati)