Il premier Mario Draghi è risultato positivo al Covid. Palazzo Chigi ha diramato la notizia ieri a mezzogiorno. Per alcuni giorni, pur se asintomatico, resterà bloccato nella sua casa a Città della Pieve. Per lui niente trasferta in Africa domani e giovedì alla ricerca di fonti alternative di approvvigionamento di gas. A partire per le visite in Angola e Congo saranno i ministri Luigi Di Maio e Roberto Cingolani, accompagnati dall’ad di Eni Claudio Descalzi.

DOPO IL VIAGGIO in Algeria della settimana scorsa, la delegazione italiana sarà in Angola domani per incontrare il presidente Joao Manuel Goncalves Lourenco; giovedì a Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo, per discutere con il presidente Denis Sassou N’Guesso.

L’accordo firmato ad Algeri prevede circa 3 miliardi di metri cubi in più di gas subito, altri 6 nel 2023 (per metà gas liquefatto) per arrivare a 9 miliardi nel 2024. L’Algeria già oggi copre il 31% dell’import italiano di gas (circa 21 miliardi di metri cubi l’anno). Ma dalla Russia ne arrivano 29 miliardi l’anno, il 38%. La corsa per liberarsi dalla dipendenza dal gas di Mosca in tempi rapidi resta dunque molto in salita.

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Di qui l’importanza del tour africano, che vedrà anche una tappa in Mozambico all’inizio di maggio. Nella Repubblica del Congo Eni sta sviluppando due impianti di gas naturale liquefatto (Gnl) che potrebbero fornire a regime 5 miliardi di metri cubi l’anno (ma non prima di fine 2023). Dall’Angola dovrebbero arrivare altri 1,5 miliardi di metri cubi di gnl, per un totale di 6,5 miliardi. In Mozambico la stessa Eni sta sviluppando un impianto di gnl galleggiante (pronto a fine anno), in grado di fornire a 3,4 milioni di tonnellate l’anno.

IN SINTESI, IL GOVERNO spera di coprire entro il 2023 circa il 50% dell’attuale import di gas dalla Russia attraverso i paesi africani, cui si aggiungono Egitto (ma l’accordo per 3 miliardi di metri cubi l’anno di gnl è contestato dal centrosinistra per il comportamento del governo di al-Sisi sul caso Regeni) e il Qatar. In totale da Egitto e Qatar dovrebbero arrivare 3 miliardi nel 2022 e 5 nel 2023. A queste forniture si aggiunge l’accordo firmato da Di Maio a inizio aprile con l’Azerbaijan, che prevede di alzare da 7 a 9,5 miliardi di metri cubi il flusso di metano destinato ad approdare sulla costa pugliese attraverso il gasdotto Tap.

Mario Draghi
La diversificazione delle fonti e dei fornitori di energia è possibile in tempi più brevi di quanto immaginassimo solo un mese fa

IL PROBLEMA È CHE questo pacchetto alternativo al gas russo dispiegherebbe i suoi effetti entro due anni, mentre l’apporto immediato, sul 2022, è assai inferiore. E che una buona parte è gas liquido, che richiede quindi di essere rigassificato (con un aggravio dei costi). Attualmente l’Italia può contare su tre rigassificatori, i principali a Rovigo e Livorno.

Il governo, attraverso Snam, sta cercando di reperire due navi per la rigassificazione, con una capacità da 5 miliardi di metri cubi ciascuna: una, in fase di acquisto, dovrebbe essere installata a Piombino. Ma altri paesi sono a caccia di queste navi, a partire dalla Germania, e la concorrenza spietata. E in ogni caso le due navi non sarebbero operative prima di un anno. Draghi rassicura: «La diversificazione è possibile e attuabile in tempi relativamente brevi, più brevi di quanto immaginassimo solo un mese fa», ha detto al Corriere.

TRA LE IPOTESI ANCHE quella di recuperare il vecchio progetto di un rigassificatore a Porto Empedocle (Agrigento) che è bloccato da 7 anni. Ma i conti comunque faticherebbero a tornare, nel caso di uno stop del gas russo. Solo 2-3 miliardi di metri cubi sono quelli che arrivano dalla produzione interna, il 5% del nostro fabbisogno.

E il tentativo di riempire i depositi con gli stoccaggi incontra molte difficoltà, dovute soprattutto ai prezzi altissimi della materia prima. Attualmente i depositi sono pieni al 30%, quindi per circa 5,4 miliardi di metri cubi (compresa la riserva strategica di 4,5 miliardi di metri cubi). Finora le aste hanno avuto risultarti deludenti, e l’obiettivo di stoccare fino al 90% si è rivelata impraticabile.

Il governo ha deciso di nominare un commissario ad hoc per sveltire le procedure di attivazione degli impianti di energia rinnovabile. Il decreto che conterrà queste misure – oltre ad altri fondi contro i rincari energetici – dovrebbe arrivare in consiglio dei ministri entro la fine della settimana. Covid permettendo.