«Dobbiamo pensarci come comunità, non come individui». A parlare è Ester Barel, 23 anni, una delle portavoce nazionali di Fridays For Future Italia. Dietro di lei, ai navigli di Milano, una grande balena costruita in materiale riciclato. Il movimento italiano ha deciso di saltare lo sciopero globale per il clima e rimandare la data di qualche settimana per darsi il tempo di spargere la voce tra scuole e università. Nel nostro paese i cortei sono previsti per venerdì 6 ottobre e ieri ci sono state solo piccole azioni in alcune città. Tra queste, appunto, Milano. «È stata un’estate difficile per la nostra città: prima il caldo estremo, poi le trombe d’aria», dice Barel.

Fridays For Future nasce nel 2018. Quell’anno Greta Thunberg, allora quindicenne, iniziò a non presentarsi a scuola per protestare di fronte al parlamento svedese. Da lì nacque la pratica dello sciopero del venerdì. Il 15 settembre 2019 il primo appuntamento globale si rivelò un successo. L’Italia, un po’ a sorpresa, divenne la nazione più generosa in termini di affluenza nelle piazze insieme alla Germania.

«Molto è cambiato da allora. All’epoca volevamo “solo” fare da megafono della scienza» racconta Giorgio de Girolamo, 21 anni, attivista toscano. Sono due gli eventi che gli attivisti indicano come punti di svolta nella storia di Fridays For Future in Italia: la pandemia e l’incontro con i lavoratori dell’ex Gkn di Campi Bisenzio. «L’arrivo del Covid ci spiazzò» spiega Alice Franchi, ventitreenne di Pistoia. «D’improvviso non potevamo più scendere in piazza. Ma paradossalmente questo ci diede il tempo di studiare. La nostra prima piattaforma politica vera e propria fu elaborata durante il lockdown».

Anche l’incontro con i lavoratori ex-Gkn risale a quel periodo. Quando la proprietà decise di chiudere l’impianto fiorentino per delocalizzare la produzione, gli operai, riuniti in assemblea, decisero di occupare la fabbrica e chiederne la riapertura sotto controllo pubblico e con un piano di conversione ecologica. In questo contesto nacquero le manifestazioni congiunte con Fridays For Future.

Mentre la complessità dell’elaborazione politica cresceva, però, diminuivano i numeri delle proteste. Se prima le grandi città portavano centinaia di migliaia di partecipanti ad ogni sciopero, oggi si viaggia sulle decine di migliaia nel migliore dei casi. Per questo «sperimentazione» è la formula che tutti gli intervistati usano per descrivere la fase attuale.

Nell’ultima assemblea nazionale, tenuta a Bari nel maggio di quest’anno, si è discusso della strategia da darsi. Sono emerse più linee di pensiero. «Ma non sono in conflitto», precisa subito Franchi, «vanno tentate tutte». Da un lato metodi di protesta più dirompenti e conflittuali – come l’occupazione della pista dei jet privati tentata a Torino in estate. Dall’altra la tentazione delle elezioni. In nessun caso il movimento si presenterà ad alcuna tornata, e moltissimi tra i gruppi locali non sono per nulla interessati alla via elettorale. Ma una parte di Fridays For Future ci pensa. L’esperimento più avanzato è quello di Brescia, dove un gruppo di giovani – in larga parte provenienti da Fff – ha dato vita alla lista Brescia Attiva, che ha eletto la consigliera comunale Valentina Gastaldi.

«Nel 2019 avevamo uno scopo: portare la questione climatica in cima all’agenda. Non ce lo diciamo abbastanza, ma quell’obiettivo lo abbiamo raggiunto. Ora bisogna portare a casa la transizione» dice il bresciano Giovanni Mori, già portavoce del movimento e divulgatore. Di certo c’è che i problemi che Fff deve affrontare sono tanti. In primis la partecipazione, ormai stabilmente calante. Poi la distribuzione. I gruppi locali sono molto diffusi nelle grandi città del nord, ma diminuiscono a sud e nei piccoli centri. Infine la visibilità. Altre realtà e altre pratiche, su tutte la disobbedienza civile di Ultima Generazione, hanno catturato l’attenzione dei media mainstream. E dai primi scioperi di Greta Thunberg sembra passata un’era.