La città sul Mar Nero era tranquilla ieri pomeriggio con all’attivo solo un missile nella notte. Ma il missile vero, fortunatamente solo virtuale e senza vittime, l’ha scagliato un sacerdote ucraino intervenuto alla fine della conferenza stampa congiunta che la Carovana di pace StoptheWarNow aveva programmato con alcuni religiosi locali e mons Francesco Savino, l’inviato della Conferenza episcopale italiana. Don Roman Krat non ha usato mezzi termini e se l’è presa addirittura col papa: «Con un papa che non è molto amato qui in Ucraina dove subiamo la feroce aggressione russa».

E COSÌ LO SPETTRO delle armi, parola di cui nessuno aveva fatto menzione nei discorsi precedenti, ha fatto irruzione nella conferenza stampa dei diversi rappresentanti religiosi (cattolici, ortodossi, greco latini) che si erano tenuta su una faglia di difficile equilibrio e tacito compromesso tra la rivendicazione di una difesa bellicosa dall’orso russo e le parole di pace della Carovana StoptheWarNow. Le parole, soprattutto, del papa, che non ha mai fatto mistero di ciò che pensa della guerra. Il discorso di Krat, l’ultimo per ordine gerarchico, era appena stato preceduto da quello non certo conciliante di Padre Mykola Slobodyan, cattolico di rito greco (dunque sposato con figli), che ha raccontato di come la casa dei suoi parenti sia stata bombardata mettendo a rischio la vita del figlioletto e condendo la comprensibile reprimenda contro i russi con toni così forti – «il russismo è il male del mondo paragonabile al nazismo» – da suscitare qualche smorfia e anche un certo sdegno tra i quaranta partecipanti alla Carovana, partita con diverse tonnellate di aiuti umanitari e il suo messaggio di pace due giorni fa da Gorizia.
È VENUTA COSÌ ALLA LUCE la difficoltà oggettiva che anche la Chiesa – cattolica e non – prova quando si affronta la difficile frontiera che divide pace da autodifesa, diritto di reagire da tentativo di mediare, dalla «guerra giusta» di Sant’Agostino alla «guerra folle» di papa Francesco. Tonio dell’Olio, che moderava l’incontro e che è un sacerdote che ne ha davvero viste tante (da Sarajevo a Kabul, da Belgrado a Leopoli oltre a una lunga esperienza con Libera) è riuscito a far rientrare in binari seppur scivolosi una possibile spaccatura anche dopo l’uscita di padre Krat, tenuta rigorosamente a bada. Anche perché le parole di Francesco Savino, l’uomo che come vicepresidente della Cei non rappresenta solo i vescovi ma il papa stesso, era stato molto netto: «Sono venuto, siamo venuti, a dire basta – ha detto il vescovo giunto a Odessa in mattinata con la Carovana – perché la guerra è non solo la morte delle persone ma anche la morte della politica e della diplomazia. Dalle guerre non esce mai un vincitore e perdono tutti». Ha chiuso il suo discorso con un riferimento a Helder Camara, il presule brasiliano icona dei movimenti di liberazione: «Il sogno di uno è solo un sogno – ha detto citando l’arcivescovo di Recife morto nel 1999 – ma il sogno di tanti diventa realtà». Se l’era dovuta vedere sia con l’intervento del vescovo greco cattolico di Odessa Bubnji che ha evocato il genocidio del suo popolo, sia con le accuse al Vaticano per il «silenzio sulla Crimea».

TANT’È, se la conferenza stampa ha avuto il suo calor bianco, ricondotto da Dell’Olio e Savino nell’alveo del dialogo ecumenico, la Carovana è comunque arrivata a Odessa ed era inevitabile che, laici o religiosi, la sua presenza avrebbe suscitato reazioni come già a Leopoli l’aprile scorso, quando i partecipanti alla coalizione StoptheWarNow fecero una marcia simbolica per le vie della città. Guardati con scetticismo da molti passanti. Gianpiero Cofano, il coordinatore con Dell’Olio della Carovana ci tiene a sottolineare però l’importanza di «esserci: coi nostri corpi e non solo con le parole. Un segno forte per costruire la pace». E domani si parte per Mykolayiv.

LA COALIZIONE rappresenta 176 organizzazioni della società civile italiana ma, in effetti, la stragrande maggioranza dei partecipanti sono cattolici. Forse un segno anche questo. Viene da chiedersi perché tanti laici siano rimasti a casa. Forse verranno con la nuova Carovana prevista a luglio. Insomma – e per usare un brutto paragone – a essere in prima linea a Odessa sono soprattutto donne e uomini del papa.O