Ogni 25 aprile è prezioso: perché è nel rito collettivo di una rinnovata tradizione che possiamo tramandare memoria, consolidare l’antifascismo, plasmare un futuro libero grazie allo studio e al ricordo di un passato di oppressione. È il giorno in cui si rinnova il contratto sociale alla base del nostro vivere comune: quello di una società in cui, parafrasando i primi articoli della nostra Carta costituzionale, sia garantito a tutte e tutti, senza alcuna distinzione, il pieno sviluppo della persona umana, l’effettiva partecipazione alla vita del Paese adempiendo a doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, sia come singoli che nelle formazioni sociali in cui si svolga la nostra personalità.

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Questo 78° anniversario è poi prezioso in modo particolare. Oggi, inutile girarci attorno, importanti posizioni di potere, anche istituzionale, sono occupate dagli eredi di una tradizione che lavora da anni per una inversione culturale volta ad allontanare la memoria di ciò che fonda il nostro convivere: la Carta costituzionale nasce ed ha le sue radici nella Resistenza al fascismo.

Si prova a sostenere che il 25 aprile sia il giorno di una parte, che “Bella Ciao” non sia un inno di libertà in cui riconoscersi tutte e tutti – nonostante, a quasi un secolo dalla sua nascita, venga intonata ovunque si combatta contro l’ingiustizia nel mondo. Ci si sottrae al dovere di onorare il 25 aprile come momento fondativo dell’Italia repubblicana e costituzionale. Si dirà che si tratta “solo” di simboli, ma nel dileggio di questi simboli trovano compimento i tanti atti concreti di intolleranza, oscurantismo, negazione dei diritti e delle libertà che, visti nel loro insieme, compongono un disegno preoccupante: il revisionismo storico, l’attacco alla libertà d’insegnamento, al corpo e all’autodeterminazione delle donne, ai migranti, alle soggettività non binarie, ai bambini e alle bambine delle famiglie omogenitoriali.

Un’arma di distrazione precisa, che colpisce i diritti civili mentre riduce in macerie anche quelli sociali, che costruisce un immaginario reazionario, in cui persino l’eredità storica di memoria democratica del nostro paese esce fiaccata.

Tre esempi noti e recenti: l’eccidio delle Fosse Ardeatine – 335 persone trucidate da parte delle truppe di occupazione tedesche perché ebree, prigionieri politici, partigiani, considerati conniventi e parte di una resistenza popolare al nazifascismo – diviene nelle parole della presidente del consiglio Meloni il giorno in cui sono stati “massacrati 335 innocenti solo perché italiani”. Banalizzazione e omissione, come disconoscimento indiretto della Resistenza e dell’Olocausto. Il ministro Lollobrigida che invita a non arrendersi alla “sostituzione etnica” dei bambini italiani con quelli migranti. Parole vergognose cariche di un razzismo che non ci si preoccupa nemmeno più di mascherare. Il presidente del Senato La Russa arriva a dire che l’antifascismo non è in Costituzione.

Osserviamo questo disegno e, al nostro meglio, lo contrastiamo. Con un debito di riconoscenza verso le donne e gli uomini che hanno sacrificato o rischiato la loro vita perché noi potessimo viverne una libera. Conserviamo intatta la memoria e guardiamo al futuro, perché oggi Liberazione è questo: lottare contro tutte le forme di prevaricazione, che siano razzismo, violenza di genere, omolesbobitransfobia, abilismo, sfruttamento, oppressione, guerra.
E ricordando sempre che l’Antifascismo è la nostra Costituzione.

* vicesindaco di Bologna, capolista “Coalizione civica”