Il risultato è a dir poco deludente: sotto l’1 per cento. Luigi Di Maio aveva annunciato che sarebbe stato la sorpresa di questo voto ma le previsioni della vigilia sono restate tali: la creatura dell’ex capo politico grillino si inceppa alla prima prova elettorale.

«Non farò mai un partito personale» aveva detto Luigi Di Maio salutando il Movimento 5 Stelle e portandosi dietro una sessantina di parlamentari. E invece quella scissione sarebbe stata il primo evento di una catena che avrebbe condotto alla caduta del governo Draghi. Il ministro degli esteri, assicurava che avrebbe coinvolto i sindaci e rinvigorito la base: si è ritrovato a dover approntare una lista in fretta e furia con il supporto decisivo del simbolo del Centro Democratico di Bruno Tabacci. Si è assicurato il collegio che doveva essere sicuro di Fuorigrotta, che per tutta la notte traballa e finisce proprio al Movimento 5 Stelle, che gli contrapposto l’ex ministro dell’ambiente Sergio Costa. Cioè proprio uno degli esponenti della società civili che lui stesso, da leader M5S, aveva lanciato. Eppure Di Maio era stato aiutato dalla rottura del Pd con Calenda che su di lui aveva posto il veto, e aveva infilato in lista molti di quelli che lo avevano seguito nell’avventura di Insieme per il futuro che poi si è trasformata in Impegno civico.

Resta il dubbio sul suo, di futuro. Dopo essersi costruito la fama di unico tra i 5 Stelle ad aver appreso l’arte della politica, si ritrova a gestire l’eredità di una serie di scelte che oggi appaiono avventate, quando non disastrose. La storia del flop della sua lista, e del buco nell’acqua della sua avventura politica, è la storia del tentativo di isolare e mettere a valore l’anima moderata che è sempre esistita nel Movimento 5 Stelle per dare vita a un nuovo soggetto centrista. Ma una forza politica che ha sempre giocato sull’ambiguità tra radicalismo e conservazione, difficilmente può essere trasformata in un partito che si muove su uno solo di questi livelli.

Tanto che lo stesso Di Maio, negli ultimi giorni di campagna elettorale, ha puntato le sue carte sulle conquiste del M5S: «Queste elezioni saranno un referendum sul reddito di cittadinanza», aveva detto provando a intercettare i voti di Giuseppe Conte. Probabilmente non è bastato a spazzare via i sospetti di opportunismo che le sue peripezie politiche hanno scatenato. (g. san.)