Depistaggio Cucchi, chiesto il rinvio a giudizio per otto carabinieri
Sulla pelle di tutti Le accuse della procura: verbali ritoccati, indagini evitate, minacce, documenti spariti
Sulla pelle di tutti Le accuse della procura: verbali ritoccati, indagini evitate, minacce, documenti spariti
No, in effetti non sarà una Pasqua serena, quella degli otto carabinieri indagati per il depistaggio e l’insabbiamento della verità sulla morte di Stefano Cucchi. Come già anticipato dal manifesto, ieri la procura di Roma ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio per otto militari dell’Arma – dal piantone al generale – accusati a vario titolo di falso, omessa denuncia, favoreggiamento e calunnia.
«Qui si è giocata una partita truccata sulle spalle di una famiglia. E ora è in gioco la credibilità di un sistema», aveva detto il pm Giovanni Musarò chiudendo il 19 marzo scorso l’inchiesta integrativa scaturita durante il processo bische si sta svolgendo a carico dei primi cinque carabinieri, tre dei quali accusati di omicidio preterintenzionale.
E così si preannuncia un quinto processo, dopo i tre gradi di giudizio a carico dei medici e dei poliziotti penitenziari, tutti assolti (ma la Cassazione ha annullato la sentenza d’Appello per quanto riguarda l’assoluzione dei medici), e dopo l’attuale procedimento bis davanti alla prima Corte d’Assise di Roma.
Tra gli otto possibili imputati c’è Francesco Di Sano, il carabiniere scelto che la notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009 tenne in custodia il 31enne geometra romano nella caserma di Tor Sapienza e che un anno fa ammise davanti ai giudici di aver ricevuto l’«ordine gerarchico» di ritoccare il verbale che conteneva informazioni sullo stato di salute di Cucchi.
C’è il capitano Tiziano Testarmata, già comandante della IV sezione del Nucleo investigativo, che decise di non acquisire il registro dei fotosegnalamenti della caserma Casilina, dove Cucchi venne pestato e il suo nome fatto sparire sotto un tratto di bianchetto.
C’è il carabiniere Luca De Cianni, che aveva scritto una relazione nella quale screditava il collega Riccardo Casamassima, reo di aver rotto per primo il muro dell’omertà in caserma.
Poi, salendo la scala gerarchica, ci sono l’ex comandante della stazione di Tor Sapienza, il luogotenente Massimiliano Colombo Labriola, il maggiore Luciano Soligo (a quel tempo comandante della Compagnia Montesacro), il colonnello Francesco Cavallo (all’epoca dei fatti tenente colonnello, capoufficio del comando del Gruppo Roma), il colonnello Lorenzo Sabatino, ex capo del nucleo operativo di Roma e il generale Alessandro Casarsa, allora comandante del Gruppo Roma e fino al 10 gennaio scorso, prima dell’inchiesta a suo carico, comandante dei Corazzieri del Quirinale.
Nel procedimento si costituiranno parte civile, oltre alla famiglia Cucchi, i tre poliziotti penitenziari che hanno subito il primo processo, il ministero della Difesa e l’Arma, stando a quanto annunciato dal comandante generale Giovanni Nistri.
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