«Il Cairo era una città immensa, polverosa, illuminata da un sole instancabile, dove anche nei quartieri alti il lusso non riusciva a addomesticare il rumore, la sensazione di essere al centro di un turbine di energia la cui fonte non era controllabile. I minareti reclamavano la preghiera e i muezzin, che noi adoravamo per il suono fatato e melodioso rispetto al battito della città, fendevano l’aria. Riuscivano a infilarsi e a irrompere tra le musiche occidentali dei pomeriggi danzanti dell’Auberge des Pyramides senza per questo disturbarne l’armonia ma trovando la strada e il modo perché si potessero sentire e seguire...