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Delia del Carril, la Hormiguita militante che abbandonò l’arte per Neruda

Delia del Carril, la Hormiguita militante che abbandonò l’arte per NerudaDelia del Carril, «Equinoccio I», 1959, Santiago del Cile, Fundación D. del Carril

Personaggi del '900 Ritratto della «formichina», ingiustamente trascurata nel cinquantenario della morte del poeta cileno

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 31 dicembre 2023

«Queridísima Gabriela: Qué hermosa tu palabra maldita! Ora, non so se si tratta di una mia impressione, però son dell’opinione che questo tuo breve ma meraviglioso e convincente messaggio avrà una tale ripercussione da rischiarare molte tenebre, aprire tanti cammini attraverso i quali una folla cieca, sorda e muta si lancerà coraggiosamente per impedire il crimine che si va preparando». Così scriveva Delia del Carril, nel luglio del 1951, a Gabriela Mistral, la prima autrice latinoamericana a vincere il premio Nobel per la letteratura nel ’45, a proposito del suo articolo La parola maledetta, redatto nel novembre del ’49. «El crimen que se prepara» potrebbe riferirsi all’eventuale uso della bomba nucleare nel conflitto in Corea (1950-’53), una delle fasi culminanti della Guerra Fredda. L’ipotesi viene proposta da Abraham Quezada Vergara nell’introduzione a Cartas a Gabriela di Pablo Neruda, corpus documentale di missive, durante gli anni 1934-1955, tra i due premi nobel cileni e Delia Del Carril, seconda sposa del poeta e artista dalla personalità brillante, a cui Neruda dovrà gran parte della sua fama.

Il cinquantenario del golpe militare di Pinochet, celebrato lo scorso settembre, coincide, oltre che con l’assassinio dell’allora presidente Allende, anche con quello ormai acclarato di Neruda. Ma neppure in quest’occasione si è accennato minimamente al personaggio di Delia del Carril. La pittrice proveniva da una famiglia facoltosa e aristocratica di proprietari terrieri di Saladillo, nei pressi di Buenos Aires: passò l’infanzia in piena Pampa, nella comodità e nel lusso, tra viaggi in Europa e un’alta formazione con istitutrici straniere e in collegi privati. Dimostrò da subito uno spirito ribelle, crescendo come una giovane insolita, con ideali rivoluzionari. Dopo il suicidio del padre nel giorno del suo quindicesimo compleanno, Delia si trasferì con la madre e i fratelli a Parigi, dove stabilì forti amicizie con importanti artisti de «les années folles», tra cui Picasso, Éluard, García Lorca, Rafael Alberti e altri poeti della Generación del ’27. Là conobbe anche il suo primo marito, Adán Diehl Arget, un intellettuale bohemien argentino, e iniziò a studiare pittura e disegno con il cubista Fernand Léger e con André Lhote. In seguito, militò nel Partito Comunista, come gli altri membri della Asociación de Escritores y Artistas Revolucionarios. Durante la Repubblica si trasferì in Spagna, a Madrid – mentre si separava dal marito – per studiare all’Accademia di San Fernando.

La Hormiguita (la Formichina) – come l’aveva battezzata il pittore cileno Isaías Cabezón quale instancabile sostenitrice degli amici artisti durante la Guerra Civile – , affascinò Neruda, ancora sposato con l’olandese Maruca Hagenaar, all’epoca un poeta in erba che si manteneva lavorando come diplomatico cileno. Del loro primo incontro, nel giugno del 1935, Pablo raccontava: «lei posó il suo braccio sulla mia spalla e così restammo». Delia, «luce della finestra aperta sulla verità» – così Neruda la descrive nel Memorial de Isla Negra –, maggiore di 19 anni, dedicò la sua vita a correggere le opere del marito, finanziandolo e aiutandolo a diventare il grande poeta che fu. La devozione di Delia per Pablo era tale che, per dedicarsi alla revisione dei suoi testi, abbandonò completamente la propria carriera artistica. Divenne la sua editrice, la sua consulente e persino la sua addetta stampa.

La loro relazione cambiò drasticamente quando nella vita di Neruda apparve Matilde Urrutia, giovane cantante e scrittrice che Delia, dovendo assentarsi per un viaggio in Argentina, aveva assunto come infermiera per il marito affetto da tromboflebite. In una lettera del dicembre 1951 a Gabriela Mistral (anche lei diplomatica e allora in carica al Consolato cileno a Napoli), Neruda la pregava di cercargli un alloggio in quelle vicinanze per appartarsi a scrivere, mantenendo la massima discrezione possibile giacché era iniziata la storia d’amore clandestina con la Urrutia. Pablo voleva che Delia rimanesse sua moglie e che Matilde fosse la sua «querida»: ciò che La Hormiguita non accettò mai.

Non si incontrarono più, ma Delia non disse mai niente contro il poeta, anzi, nella corrispondenza con Gabriela durante il viaggio a Buenos Aires, le comunicava l’intenzione di far testamento in favore del marito. La separazione fu devastante per Delia, che, in seguito, nonostante tutto, riprese a dedicarsi alla sua produzione artistica. Morì serenamente, circondata dall’affetto dei suoi amici, nel luglio del 1989, all’età di 104 anni nella sua casa «Michoacán» a La Reina, che era stata luogo d’incontro dei più grandi intellettuali, artisti e letterati del tempo. Alla luce della sua figura, adombrata dall’eclissi Neruda, suona di questi tempi ancor più vibrante il messaggio rivelatore che promana da La Palabra maldita della Mistral: «Esistono parole che, soffocate, parlano più forte, proprio per la repressione e l’esilio; e la parola “pace” salta fuori persino dalla bocca di chi è sordo o distratto».

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